lunedì 21 dicembre 2009

Cara Lazzari, che delusione

Per la conoscenza che abbiamo di lei, consideriamo l’assessore all’urbanistica Francesca Lazzari una donna onesta e, almeno sotto il profilo strettamente personale, libera. Lo scrivevamo un anno fa agli esordi della giunta Variati, e lo ribadiamo oggi che invece, ahinoi, dobbiamo dirci profondamente delusi dal suo operato politico. Ieri ed oggi, su VicenzaPiù prima e sul Giornale di Vicenza poi, sono uscite due sue interviste in cui spiega certe scelte contenute nel Pat, il nuovo piano regolatore. Tralasciando pure che su certe questioni sollevate dal settimanale per cui scrivo l’assessore ha risposto al GdV e non a ViPiù per "mancanza di tempo” (le virgolette, nostre, dicono tutto), veniamo al sodo. Cioè all’affare Vicenza Futura e al caso Ivem.

Vicenza Futura è il consorzio in cui sono intruppati Maltauro, Caoduro, Cestaro, Marchetti ed è la cordata che ha ratificato col centrosinistra un’intesa preliminare che è una vera regalìa per loro. I motivi li ha spiegati per primo il sottoscritto in un articolo su ViPiù un mese fa (”Nuovo stadio, a noi non Menti”, 21 novembre 2009). È interessante come la Lazzari, al contrario di quanto ci si aspetterebbe, non difenda a spada tratta l’operazione. Su ViPiù dà una risposta che pare il minimo sindacale: è una scelta che l’amministrazione ha fatto (ma va?), è una possibilità perchè ancora allo stato di pre-intesa (sì ma è stata votata con tutto il Pat, e questo peserà), che si mangerà meno suolo libero disponibile rispetto al Pat di Zocca (embè? È sempre tanto, troppo), e promette che i privati si accolleranno contropartite di cui nell’accordo scritto non c’è traccia.

Interessante come faccia la gnorri sul punto decisivo: è vero che i dettagli saranno chiariti nel momento successivo, cioè all’interno del Piano degli Interventi, ma allora è stata una furbata infilare un’intesa di massima nel calderone del Pat e farla votare. Perchè così, quando ripasserà in consiglio la convenzione definitiva, la maggioranza avrà le mani legate: con che faccia un consigliere potrà dire no dopo che ha detto sì? Non sarà una politica di mestiere come Variati, la professoressa Lazzari, ma a questo credo ci arrivi.

Ma per l’appunto, qui c’è stato lo zampino di quel volpone del sindaco. Lo ammette candida la stessa Francesca: «È arrivata una proposta dai privati, e il sindaco ha inteso che fosse una proposta da valutare». Il sindaco, non lei o altri. L’attribuzione di responsabilità politica è evidente, quasi un volersi discolpare. Lo si legge ancor più chiaramente sul GdV là dove l’assessore dice di aver preso atto che «è un progetto importante per la città e che la maggioranza vuole».

Insomma, lo capisce anche un bambino che lei non ne è per niente entusiasta. Secondo noi, la Lazzari è talmente pervasa di buona volontà che pur di portare a casa un risultato medierebbe anche col diavolo. I costruttori non sono esseri infernali, su questo siamo d’accordo con lei. Ma quello che è inaccettabile è sbandierare il risultato raggiunto come una conquista per l’esclusivo bene della città. Sta bene trovare il compromesso, ma quando esso è palesemente e inoppugnabilmente sbilanciato a favore del privato, che almeno lo si ammetta. È la presa in giro, è negare l’evidenza: questo brucia. Purtroppo la Lazzari, quanto a girare la testa dall’altra parte, pare ci abbia preso il vizio. Interrogata dal GdV su un’altra intesa, quella per la riqualificazione della Corte Pellizzari in cui il proponente è una società partecipata dal faccendiere Carlo Valle, l’assessore se ne esce bel bella così: «No, non mi risulta. Il signor Valle l’ho visto solo sul giornale… tempo fa…».

Dico: pensa che siamo tutti scemi? Qui non è in discussione se lei, Francesca Lazzari, si sia incontrata con Valle: non abbiamo di lei una così bassa opinione da vedercela che si vede a palazzo con tale signore, lei che ha perfino cambiato supermercato dove fare la spesa onde evitare certi brutti incontri. Il problema è un altro: quando si firma qualcosa con qualcuno, con una società, bisognerebbe avere tutte le informazioni necessarie. Perchè, con tutte le fiduciarie che ci sono in giro, il rischio è stipulare accordi con gente dalla fedina penale sporca, che magari ha pure danneggiato Vicenza e la collettività come ha già fatto in passato Valle. Nel merito, poi, la Lazzari dice che non le risulta. Ci sono le carte, le visure a parlare. Se vuole gliele mostro. Se non si fida del mio lavoro di giornalista, si fiderà almeno della Camera di Commercio che le fornisce.

E concludo con una nota a margine sulla concezione che la Lazzari ha della politica. «A me vengono a dire certe cose. A me che sono una donna di sinistra, di sinistra vera, non di quella demagogica e che mette la testa sotto la sabbia. Perché la sinistra vera non ha mai fatto demagogia e non ha mai nascosto la testa sotto la sabbia: al contrario, ha affrontato i problemi. Ed è questo che bisogna fare, se non vogliamo consegnare la città alla destra più becera: affrontare i problemi. E sporcarsi un po’ le mani. Io non credo all’etica dei principi, credo a quella delle conseguenze».

Primo: la sinistra vera cosa sarebbe? Quella dichiaratamente inciucista di D’Alema? Quella inciucista, ma più ipocrita di Veltroni? Quella consociativa del Pci degli anni ‘80, che risolveva i problemi a braccetto della Dc spartendosi appalti e poltrone? Secondo: lo spauracchio della «destra più becera» non spauracchia nessuno. Chi sarebbero, questi beceri di destra? Il PdL che in città è composto da mezze figure ed ha la credibilità di uno Zocca (sul quale, va detto, la Lazzari ha ragione da vendere)? Sembra che il ragionamento sia: la destra faceva schifezze, noi della sinistra non demagogica, quella demagogica sarebbero i Verdi di Asproso e i rossi del clan Rebesani, le facciamo pure, ci «sporchiamo le mani», ma in una misura accettabile; non siamo laidi, ma stiamo più attenti a come addobbarle.

Già qui è chiaro come il sole che la Lazzari, che, repetita iuvant, di suo è una brava persona, fa ammissione di colpa. L’etica delle conseguenze, infine. Forse voleva dire etica della responsabilità, secondo la distinzione weberiana che la divide dall’etica dei princìpi. Ma il lapsus, questa volta freudiano, è rivelatore: le conseguenze, per un’amministrazione che non si sporca, cioè non si conforma all’andazzo bipartisan dei favori ai potenti, sono pesanti. In pratica, reggersi solo sul voto dei cittadini. Che orrenda prospettiva. Soprattutto per un partito che si chiama Democratico.

Alessio Mannino
da www.lasberla.net del 20 dicembre 2009
link originario: http://www.lasberla.net/2009/12/cara-lazzari-che-delusione/

venerdì 18 dicembre 2009

Edilizia privé

Irregolarità in via Vecchia Ferriera a Vicenza? Per carità tutto in ordine. Anzi, quando qualcuno si permette di chiedere alla giunta o agli uffici tecnici lumi al riguardo s'inalberano pure. Nella migliore delle ipotesi sei un rompiscatole, uno che non si fa gli affaracci suoi. Nella peggiore sei al servizio dei «nemici della città» o dei «convincimenti inconfessabili».

IL FATTACCIO. Poi però capita che in un edificio di via Vecchia Ferriera i carabinieri berici scoprano un maxi giro di prostituzione condito da brutali episodi di violenza. I dieci arresti fioccati ieri in seno all'operazione “Tentation” club parlano da soli. Formalmente l'attività era un centro con finalità «sociali» avente come prerogativa quello di facilitare «lo scambio di idee» e la promozione «culturale». Di fatto, stando alle accuse della magistratura, lì cera una casa d'appuntamenti. Anzi un posto pieno di «troie» secondo il linguaggio degli indagati intercettati dagli inquirenti. Peccato però che la destinazione d'uso del locale, esclusivamente artigianale, esclude la presenza di altro. La scappatoia dei gestori era stata quella della legge 383 del 2000, che concede ad associazioni no profit con esclusiva rilevanza sociale, la possibilità di occupare gli stabili in difformità alla destinazione d'uso prevista dai comuni. Peccato però che la finalità socio-culturale del “troiaio” non è compatibile con gli indirizzi della legge, soprattutto perché si tratta di una attività con una finalità di lucro «a mala pena mascherata».

STORIA VECCHIA. A palazzo Trissino saranno saltati sulla sedia. Siamo basiti diranno in giunta. Non sospettavamo niente. Ma le bugie hanno le gambe corte. Anzitutto la situazione di potenziale abuso edilizio di molte attività in via Vecchia Ferriera è cosa vecchia. Per dieci anni l'ex consigliere leghista Franca Equizi aveva puntato l'indice sul distretto a luci rosse di Vicenza quando in città governava il centrodestra. Risultato, sbattuta fuori dal partito. Da un anno mezzo in maggioranza c'è il Pd, ma poiché al ridicolo non c'è limite il centrosinistra ha deciso di non sfigurare.

LE INIZIATIVE. Il comitato vicentino contro gli abusi edilizi nel giugno di quest'anno aveva indirizzato alla magistratura un corposo esposto nel quale si chiedeva di valutare possibili carichi penali nei confronti della passata amministrazione e di quella attuale. Il motivo? Una presunta inerzia nell'obbligare i privati al rispetto di una serie di norme amministrative. Nello stesso contesto era stata mandata una segnalazione agli uffici tecnici municipali nonché al sindaco, il democratico Achille Variati. Repliche dell'amministrazione? Zero. Al tutto si aggiunga una nota comica. Proprio il comitato aveva reso pubblica in città la pagina di un forum di scambisti nel quale si lodava la qualità del locale finito nel ciclone giudiziario (il “Tentation”; notare l'errore di ortografia. La parola in inglese si scrive temptation, ma a Vicenza il rispetto della grammatica segue di pari passo quello della legalità). Nello stesso intervento si giudicava lo stesso club molto caro. Segno evidente che la finalità di lucro del locale è più che ipotizzabile. Di seguito era stato il turno del consigliere di maggioranza Silvano Sgreva, eletto nella civica del sindaco ma iscritto all'Idv. Sgreva in una domanda di attualità presentata il 28 settembre 2009 aveva sintetizzato i dubbi dei comitati. La risposta dell'assessore all'edilizia privata Pierangelo Cangini (Pd) era arrivata a giro.

In pratica una non risposta, nella quale però lo stesso assessore era stato obbligato ad ammettere che le verifiche degli uffici per alcune posizioni critiche vanno avanti dal 2005. Roba che un geometra comunale e un vigile urbano di media preparazione sbrigano in tre giorni, tanto per capirsi. Nel medesimo contesto però lo stesso Cangini non si era tirato indietro nell'affibbiare sui media la patente di abuso edilizio ad un vicino centro di preghiera cristiano protestante frequentato da evangelici immigrati dall'Africa.

MENZOGNE PADANE E BUGIE DEMOCRATICHE. Sembrava così che su via Vecchia Ferriera fosse calato il sipario dell'oblìo, ma alle volte il diavolo fa la pignatta ma non il coperchio. Quando a fine novembre i media hanno diffuso la notizia che la croce rossa islamica aveva organizzato un incontro pubblico dedicato alle opere umanitarie, in città è divampata una polemica montata dalla Lega con il Pd che cercava di tallonare la destra sulla via del fondamentalismo alla vicentina. Cosa legittima, ma che non può essere tollerata quando per argomentare le proprie ragioni si dicono balle. Ha cominciato il Carroccio sostenendo che sull'invitato principale pendevano provvedimenti internazionali di polizia per ragioni di terrorismo. La questura e il settimanale Vicenza Più in un batter d'ali hanno spiegato, ognuno facendo il suo mestiere, che la cosa era falsa. Poi è arrivato il tentativo, goffissimo peraltro, della maggioranza del Pd di mostratre un po' di attributi da duri “law and order”. Proprio l'assessore all'edilizia privata, Cangini, sul Corriere della Sera, edizione veneta del 27 novembre, aveva dato fiato all'olifante crociato: «Quella moschea è abusiva». Per essere più precisi: «... ora acquisiremo tutte le informazioni necessarie. L’unica cosa certa è che a Vicenza non esiste una moschea, visto che quella finora utilizzata è abusiva». Bene, picchia duro il coraggioso paladino vandeano, quello che un giorno per non incrociare il mio sguardo stava per inciampare ad una pedana in prossimità della sala consiliare.

Peccato però che appena ventiquattro ore appresso il sindaco è costretto a parare il culo all'amministrazione spiegando su Il Giornale di Vicenza che dai riscontri fatti durante le ultime ore la moschea che sorge nello stesso quartiere del Temptation, non è abusiva. Anzi la pratica per il presunto abuso per l'amministrazione «è archiviabile». Affermazione viscida perché conferma l'apertura di una pratica che non si sa perché dura da anni, per la quale non si annuncia la chiusura definitiva, ma una non ben determinata archiviabilità. Magari proprio perché su Vicenza si erano accesi i riflettori nazionali. E con la stampa nazionale non puoi raccontare troppe fregnacce. Magari perché su Cangini aleggiava lo spettro di una querela per diffamazione, visto che il centro di preghiera islamico segue la stessa norma, ma con ragione diversa ovviamente, dal “Tentation”.

IL BUBBONE. Alla fine il blitz dei carabinieri ha fatto scoppiare il bubbone. Un bubbone gonfio di pus penale e amministrativo. Vorrei capire ora quale sarà il destino di Cangini e del direttore dell'edilizia privata, l'architetto Michela Piron, nominata con un incarico ad personam fortissimamente voluto dal sindaco. Assessore e architetto erano stati abbondantemente informati di quanto accadeva in zona, almeno sul piano amministrativo. Perciò delle due l'una: o sono sommamente incompetenti, quindi è meglio che facciano un altro mestiere, oppure hanno qualcosa da nascondere sotto il profilo della legge, anche penale. Tertium non datur. Dopo il casino di ieri però sfido il Pd, ma soprattutto Lega e i giornalisti, a sollevare lo stesso polverone del forum islamico. Per caso hanno intenzione di sopire tutto? Magari perché il proprietario della casa delle «troie» è l'ex candidato sindaco della Lega? Il soggetto si chiama Margherita Carta Veller. Le apro il blog per dire la sua. Ma per caso La Padania farà un titolo del tipo: “vestiamo da leprotti chi affitta i locali in cui vanno le troie extracomunitarie?” Ultima perla. Isnardo, il fratello della signora Carta, è titolare di una delle ditte che sta costruendo la nuova base Usa di Vicenza. Pare che alla signora Margherita la base Usa bis non piaccia tanto. Il Tentation lo sposteranno lì dentro? Così magari faranno pace.

Marco Milioni
da http://www.lasberla.net/ del 18 dicembre 2009
link originario: http://www.lasberla.net/2009/12/edilizia-prive/

sabato 12 dicembre 2009

Quella sovranità della moneta in mani private e il non detto sul debito pubblico detestabile

«Abbiamo ricominciato a tremare per le banche. Abbiamo ricominciato a tremare addirittura per gli Stati, a rischio di fallimento attraverso i debiti delle banche. Si è alzata anche, in questi frangenti, la voce di Mario Draghi con il suo memento ai governanti: attenzione al debito pubblico e a quello privato; dovete a tutti i costi farli diminuire. Giusto. Ma l’unico modo efficace per farli diminuire è finalmente riappropriarsene». Così scriveva ieri Ida Magli su Il giornale in pagina 21. «Non è forse giunta l’ora, dopo tutto quanto abbiamo dovuto soffrire a causa delle incredibili malversazioni dei banchieri, di sottrarci al loro macroscopico potere? Per prima cosa - si legge ancora nel corsivo - informando con correttezza i cittadini di ciò che in grande maggioranza non sanno, ossia che non sono gli Stati i padroni del denaro che viene messo in circolazione in quanto hanno delegato pochi privati, azionisti delle banche centrali, a crearlo. Sì, sembra perfino grottesca una cosa simile; uno scherzo surreale del quale ridere; ma è realtà». 

Il corsivo di Magli, che è pubblicato su un quotidiano di simpatie tutt'altro che stataliste deve indurre chi, per ignoranza o ipocrisia, da troppo tempo non si sofferma più su argomenti del genere. E che la questione sia dannatamente seria lo spiega ancora Magli quando scrive che c’è stato un momento in cui alcuni ricchissimi banchieri hanno convinto gli Stati a cedere loro il diritto di fabbricare la moneta per poi prestargliela con tanto di interesse. È così che si è formato il debito pubblico: sono i soldi che ogni cittadino deve alla banca centrale del suo paese per ogni moneta che adopera. La Banca d’Italia non è per nulla la «Banca d’Italia», ossia la nostra, degli italiani, precisa ancora la giornalista, ma una banca privata, così come le altre Banche centrali inclusa quella Europea, che «sono proprietà di grandi istituti di credito, pur traendo volutamente i popoli in inganno fregiandosi del nome dello Stato per il quale fabbricano il denaro».

Come rimarca Il Giornale è bene ricordare che tutto ebbe in qualche modo inizio quando la Federal Reserve (che si chiama così ma che non ha nulla di «federale»), banca centrale americana, i cui azionisti sono alcune delle più famose banche del mondo quali la Rothschild Bank di Londra, la Warburg Bank di Berlino, la Goldman Sachs di New York e poche altre. «Queste a loro volta sono anche azioniste di molte delle banche centrali degli Stati europei e queste infine, con il sistema delle scatole cinesi, sono proprietarie della Banca centrale europea. Insomma il patrimonio finanziario del mondo è nelle mani di pochissimi privati ai quali è stato conferito per legge un potere sovranazionale, cosa di per sé illegittima negli Stati democratici ove la Costituzione afferma, come in quella italiana, che la sovranità appartiene al popolo». Nel suo corsivo Magli, una delle più note antropologhe del Paese, fa bene a ricordare che niente «è segreto di quanto detto finora, anzi: è sufficiente cercare le voci adatte in internet per ottenere senza difficoltà le informazioni fondamentali sulla fabbricazione bancaria delle monete, sul cosiddetto «signoraggio», ossia sull’interesse che gli Stati pagano per avere «in prestito» dalle banche il denaro che adoperiamo e sulla sua assurda conseguenza: l’accumulo sempre crescente del debito pubblico dei singoli Stati».

A questo punto si pone un problema: come mai le élite dirigenti della politica, sia che facciano riferimento al centrodestra, sia che facciano riferimento al centrosinistra, questi dossier non li sollevano mai? A rendere ancora più plastico lo stupore per ciò che negli ambienti economici è risaputo c'è un'altra annotazione della studiosa: «... la bibliografia è abbastanza nutrita e sono facilmente reperibili sia le traduzioni in italiano che i volumi specialistici di nostri autori. Tuttavia queste informazioni non circolano e sembra quasi che si sia formata, senza uno specifico divieto, una specie di congiura del silenzio. È vero che le decisioni dei banchieri hanno per statuto diritto alla segretezza; ma sappiamo bene quale forza pubblicitaria di diffusione la segretezza aggiunga alle notizie. Probabilmente si tratta del timore per le terribili rappresaglie cui sono andati incontro in America quegli eroici politici» che hanno tentato di far saltare l’accordo con le banche e di cui si parla come dei «caduti» per la moneta. Abraham Lincoln, John F. Kennedy, Robert Kennedy sono stati uccisi, infatti («questo collegamento causale naturalmente è senza prove») subito dopo aver firmato la legge che autorizzava lo Stato a produrre il dollaro in proprio.

Il ragionamento della corsivista de Il Giornale si conclude così: «Oggi, però, è indispensabile che i popoli guardino con determinazione e consapevolezza alla realtà del debito pubblico nelle sue vere cause in modo da indurre i governanti a riappropriarsi della sovranità monetaria prima che esso diventi inestinguibile. È questo il momento. Proprio perché i banchieri ci avvertono che il debito pubblico è troppo alto e deve rientrare, ma non è possibile farlo senza aumentare ancora le tasse oppure eliminare alcune delle più preziose garanzie sociali; proprio perché le banche hanno ricominciato a fallire, anche se in realtà non avevano affatto smesso, e ci portano al disastro; proprio perché è evidente che il sistema, così dichiaratamente patologico, è giunto alle sue estreme conseguenze, dobbiamo mettervi fine. In Italia non sarà difficile convincerne i governanti, visto che più volte è apparso chiaramente che la loro insofferenza per la situazione è quasi pari alla nostra». Si tratta di parole sostanzialmente condivisibili. Ma c'è un ma. Siamo davvero sicuri che in Italia sarà difficile convincere i governati quando in realtà questi, a qualsiasi schieramento appartengano, sembrano tenere in considerazione più il dettato delle lobby che le reali necessità degli Stati, dei loro cittadini e dei loro popoli?

Durante il suo ragionamento Magli propugna un discorso in modo molto coerente ma evita però di portarlo alle estreme conseguenze. È vero che da decenni e decenni il capitalismo finanziario internazionale ha inoculato il germe della sua dominanza negli stati e nella economia reale. Ma siamo sicuri che sarebbe possibile un capitalismo in ciascuno Stato sovrano? È chiaro infatti che se vere sono le premesse della Magli, è altrettanto vero che è il sistema capitalistico in quanto tale, liberista e di mercato (globalizzato, nazionale o localistico poco importa) a non reggere. È il modello di sviluppo che deve essere superato, anzi mandato al macero, in una con una concezione economicista della crescita infinita che in primis sul piano ambientale rischia di portarci al fosso. Questo è cuore del ragionamento. Magli, che è una antropologa di vaglia avrebbe dovuto citare, tanto per dirne una, tutte le conclusioni cui negli Usa e in Europa, tanto per dirne una, sono giunti i fautori del bio-regionalismo o della decrescita conviviale.

Una riflessione ulteriore va fatta sul debito pubblico. È vero che una parte di quest'ultimo, anche in Italia, va ascritto al devastante business del capitalismo finanziario che sfrutta le debolezze strutturali dei conti pubblici per arricchirsi in modo spaventoso. Però questo aspetto non deve diventare una scusa. In Italia l'indebitamento sia pubblico (vale per il budget statale) sia privato (vale per le banche quando erogano crediti o quando contraggono debiti) è da sempre una forma di potere, come accade allivello superiore peraltro. Proprio la cresta sugli appalti, la corruzione dilagante, le grandi opere inutili, le concessioni svendute, la spesa non rigorosa, non solo costituiscono un vulnus sociale, ma impediscono che le risorse siano allocate dove servono secondo giustizia ed equità. Il capitalismo, per ragioni intrinseche alla sua natura non è in grado di uscire da questa contraddizione. E non lo è anche se d'incanto la finanza internazionale evaporasse dopodomani perché le stesse storture, mutatis mutandis, come avviene in fisica coi frattali, si possono ripetere a livello locale o nazionale.

In ultimo quando si parla debito pubblico poi c'è un altro tabù che andrebbe affrontato. Ogni volta che in un qualsiasi Paese c'è un cambio di governo si dà per scontato che l'eredità precedente sia un portato del passato e che le scelte operate precedentemente siano irreversibili, in primis quando si tratta di rimettere i propri debiti ai debitori. Ma che cosa succede se l'indebitamento è il risultato di politiche marchianamente sciagurate o peggio truffaldine od eversive? Uno Stato è per forza obbligato ad onorare i debiti contratti da un governante sciagurato?

La vulgata più o meno corrente, più o meno innamorata del monetarismo di stampo anglosassone, dice che i debiti sono debiti e basta. Ma non è così. Esiste una autorevole dottrina giuridica, quella del debito odioso o detestabile che in realtà contraddice proprio questa certezza. E lo fa non su basi economiche bensì di diritto. Come nei rapporti tra persone quando un qualcuno contrare un debito con l'inganno quel debito in toto o in parte non ha ragione d'essere così dovrebbe valere anche nei rapporti internazionali tra debitore e creditore. Questo modo di concepire i rapporti internazionali in cui l'aspetto politico-giuridico prevale su quello economico-contabile, ha fatto più volte capolino durante la storia dell'Occidente fino a quando il giurista russo Alexander Sack fissò questo concetto elaborando la dottrina del cosiddetto debito detestabile. Si tratta di concetti teorizzati in un opera oggi semi-sconosciuta agli economisti che venne stampata in Francia durante gli anni Venti in un volume intitolato «Les effets des transformations des Etats sur leurs dettes publiques et autres obligations financières», tradotto alla grezza «Effetti delle trasformazioni degli stati sui loro debiti pubblici e altri obblighi finanziari». In realtà Sack, che conosceva benissimo il panorama politico-economico internazionale dacché fu ministro della russia zarista, altro non fece che mettere nero su bianco gli aspetti teorici di una condotta che era già stata adottata in alcuni casi. Si pensi a quanto fecero gli Usa alla fine della guerra ispano-americana quando sostennero che l'indebitamento pubblico che gravava su Cuba (da poco entrata nell'orbita di Washington) verso la Spagna non fosse da onorare perché contratto non per il bene collettivo dei cubani.

Da anni invece le banche e gli apparati finanziari di matrice americana o inglese (ma non solo loro ci mancherebbe) si guardano bene dal solo considerare un approccio del genere. Il motivo è ovvio. Che tale eventualità non sia però presa in considerazione dal mainstream politico la dice lunga sulla pochezza (voluta o casuale poco importa) del ceto politico degli stati, Italia in primis. Il che la dice lunga non solo sul debito (ovvero sulla moneta) non come strumento neutrale ma come strumento di potere, ma la dice lunga anche su chi realmente abbia in mano il bastone del comando. Il problema di fondo è che molti tra coloro i quali contestano questo meccanismo non lo contestano tout-court, ma lo contestano solo in quanto derivazione di un kombinat transnazionale e globalista. Come se questo tipo di pratica, operata da un capitalismo nazionale andasse invece bene o fosse comunque accettabile.

mercoledì 9 dicembre 2009

Lo spettro su palazzo Trissino

C'è qualcosa di molto strano che aleggia su Palazzo Trissino. Sono i fantasmi della vecchia maggioranza di centrodestra che sembrano materializzarsi di ora in ora sempre di più. Sul tavolo della politica cittadina infatti non ci sono solo le incongruenze sul nuovo piano regolatore, il Pat, ma pure le incongruenze generate dalla gestione del personale e dell'edilizia privata. Sembra ormai che gli spettri del "modus operandi" della precedente amministrazione si stiano per incarnare in quegli uomini del centrosinistra che durante la campagna elettorale per le municipali del 2008 avevano combattuto contro gli scempi di «Fi e soci». Cambiano i suonitori, mai la musica.

UNA BOTTA DA UN MILIONE. È stato il Vicenza (5 dicembre 2009, pagina 18) a squadernare i dubbi dell'opposizione del Pdl rispetto ad una giunta di centrosistra che aveva vinto le elezioni facendo della difesa dell'ambiente una bandiera. Saranno un milione i metri quadri di campagna che il nuovo piano Piano di assetto territoriale si mangerà conferendo ai proprietari delle aree la possibilità di costruire. Il conto (le stesse cifre erano già state anticipate su questo blog peraltro) lo fa il consigliere Marco Zocca del Pdl che si è preso la briga di andare a misurare i mappali depositati dalla giunta. Siamo sui livelli di cementificazione proposti dall'esecutivo marcato Enrico Huellweck e Cdl. Ma tant'è, dalla attuale compagine che regge le sorti di palazzo Trissino non c'è stata alcuna replica degna di questo nome.

LA SASSATA DELL'IDV. Sul tavolo del sindaco democratico Achille Variati però c'è un'altra gatta da pelare. Questa riguarda il documento in cui l'Italia dei Valori fa a pezzi uno dei cardini del nuovo Pat: l'intesa comune-privato sul nuovo stadio. Sul GdV di ieri a pagina 15 la stampa locale il capogruppo della lista Variati Giovanni Rolando ha spiegato che di fatto non è successo alcunché: «Ho parlato con Giuliano Sgreva (quest'ultimo oltre ad essere consigliere comunali eletto nella lista Variati è segretario cittadino dell'IdV, Ndr)... non ci saranno particolari problemi». Ma come? Uno degli alleati della coalizione ti dice che la delibera sul Pat ha un buco clamoroso, che potrebbe sconfessare l'intero documento, e tu replichi che non ci saranno particolari problemi? L'IdV fra l'altro ha portato un attacco senza precedenti agli uffici tecnici e ad alcuni dirigenti. Dalla maggioranza e dal sindaco non si è levata alcuna difesa. Nemmeno una difesa d'ufficio, segno evidente, che la freccia ha fatto centro.

DISAGI IN GIUNTA E FALLE IN BILANCIO. Ma i mal di pancia del centrosinistra hanno a che fare anche con questioni di bilancio. Oggi in aula durante il question time il primo cittadino e lo stesso Variati hanno cinguettato indirizzando verso Roma i peana di un Pd che accusa il governo di avere tagliato i fondi strutturali ai comuni, unitamente alle risorse promesse dopo la cancellazione dell'Ici. Giustissimo. Peccato però che su Il Vicenza di oggi l'assessore alle finanze del Pd Umberto Lago, vera e propria anima inquieta dell'esecutivo, dia una vera e propria sberla metaforica al suo collega all'edilizia privata, il democratico Pierangelo Cangini. L'accusa è netta. Il comune non sarà in grado di riscuotere il milione di euro derivante dalla multa affibiata ai costruttori della Torre Girardi, multa dovuta ad una storiaccia di abusi edilizi. Per vero il Comitato contro gli abusi edilizi sostiene che quella multa è ridicola e che la torre andrebbe abbattuta (o in alternativa acquisita dal comune a costo zero) a causa della violazione di una serie di norme il cui indirizzo è stato completamente ignorato dagli uffici. Ma tanto mi dà tanto, la giunta, e lo dice un suo stesso componente, non sarà nemmeno capace di incamerare quella miseria che era stata messa a bilancio.

Di più. A palazzo Trissino si mormora che l'esecutivo sia pronto ad ingaggiare un vice-segratario comunale con uno stipendio che si aggirerebbe sui 130.000 euro. Una ipotesi che avrebbe fatto diventare i capelli ancora più bianchi all'assessore Lago, il quale mese dopo mese combatte con risorse comunali sempre più magre.

Marco Milioni
da: www.lasberla.net
link originale: http://www.lasberla.net/2009/12/gli-spettri-su-palazzo-trissino/

sabato 5 dicembre 2009

Balzi sul Pat

Sono convinto che non avremo, nel corso del nostro mandato, un’occasione più solenne e impegnata di questa per dar conto ai nostri elettori delle nostre intenzioni a riguardo dello sviluppo della città. Preparare e approvare il Pat, infatti, significa identificare, in linea di massima, le direttrici lungo le quali i cittadini, le forze sociali ed economiche, le istituzioni che a vario livello li rappresentano dovranno incamminarsi per fare in modo che il territorio e il suo rispettoso utilizzo siano funzionali a una qualità della vita sempre più alta. Nel rispetto degli interessi, ma senza che gli interessi mettano in secondo piano il bene comune.

Va dato atto alla Giunta di aver fatto fino in fondo il proprio dovere. Il lavoro che ci presenta è complesso e ricco. Estremamente ricco. Tanto da aver ingenerato in qualcuno il sospetto di una gestione del lavoro, per così dire, “extra moenia”. L’assessore e il Sindaco ci assicurano che tutto il lavoro è stato fatto dai nostri uffici comunali. Per parte mia, fino a prova del contrario, io mi fido e, fidandomi, do atto ai nostri funzionari, con molto piacere, che essi dimostrano uno straordinario livello di preparazione e di buona volontà. Il che ci è di conforto per le tappe successive del nostro lavoro. Lo strumento urbanistico che è al nostro esame per l’approvazione è, nella sostanza, la traduzione, per quanto riguarda Vicenza, delle indicazioni contenute nell’articolo 13 della legge regionale 11/2004 della Regione Veneto.

Ecco, forse io avrei preferito una organizzazione del lavoro che rispondesse più linearmente e schematicamente ai singoli punti, in modo che i cittadini potessero più facilmente comprendere, argomento per argomento, le nostre scelte. So, però, che pochi, tra i comuni che hanno deliberato, si sono attenuti a questo criterio, per cui me ne faccio una ragione. Semmai va detto che forse il piano al nostro esame è andato addirittura oltre il dettato dell’articolo 13 e già si inoltra sul terreno del Piano degli Interventi che a esso logicamente, politicamente e amministrativamente succede. Èun bene, è un male? Certo, l’aver inserito nel Pat anche degli accordi rende le nostre intenzioni più chiare, la nostra scelta ancor più impegnativa, comunica alla Città un programma più cogente e quindi più attendibile.

In un certo modo, noi ci leghiamo le mani, sottraendoci nello stesso tempo, però, a pressioni che è più difficile contenere, cui è più difficile resistere quando esse si presentano giorno per giorno, problema per problema. Certo, la cosa può dispiacere a taluni che erano abituati a salire le scale di questo municipio per avere un occhio di riguardo. E assai spesso, ahinoi, lo ebbero. E il risultato dei troppi riguardi ottenuti sta in orrori di una architettura di stampo rumeno (Romania di Ceausescu, ben inteso) che deturpano alcune zone di questa città. Gli impegni che questo Pat assume dovrebbero evitarci alcune di queste “visite”, quasi sempre sgradevoli se l’interlocutore cercato non è stato preventivamente addomesticato.

Del pari, però, dobbiamo evitare che si abbia l’impressione di un avvicendarsi di “sponde” privilegiate. Qualcuno, malevolo, questa impressione ce l’ha e la manifesta. A qualche altro dà fastidio il cambio di sponda, assai più che il fatto che ci sia una sponda. Se devo essere sincero fino in fondo, devo dire che quelli che giudicano in buona fede e senza preconcetti qualche ragione, per avere dei dubbi, possono trovarla. E a volte succede che quando, in auto, si è costretti a sterzare per riportarsi in carreggiata, sulla linea di mezzeria, qualcuno interpreti la manovra come un tentativo di cambiare strada.

A noi non deve capitare. Da noi i cittadini hanno il diritto di aspettarsi che lavoriamo per la città, non per chiunque la città la voglia usare. E non vale neanche l’osservazione, avanzata da qualcuno, secondo cui, cambiassimo anche strada, ci vorrebbero anni per andare in pari. I cittadini di Vicenza, votando per un’Amministrazione di centro sinistra, hanno fatto una scelta inaspettata. Del pari inaspettata deve essere la nostra capacità di dedicarci esclusivamente al bene comune, usando gli interessi senza lasciarci usare dagli interessi. Per dimostrarlo abbiamo gli anni avvenire del nostro mandato. Dalle voci che circolano, avremo forse anche la condizione favorevole di una stampa davvero indipendente, in grado di dare alle notizie e alle iniziative il giusto peso che hanno, una stampa di cui non dovremo leggere tra le righe le intenzioni e le ricadute, ma solo la corrispondenza tra quanto è avvenuto e quanto è scritto.

Poiché sono convinto che la giunta non abbia cambiato strada, ma solo scelto la linea diritta del bene comune, capace di mettere, per quanto possibile, tutti i cittadini nella stessa posizione, con uguali diritti e uguali doveri, tenendo pure conto delle necessità e delle potenzialità, io do convintamente il mio voto favorevole. E assicuro tutto il mio impegno e la mia attenzione affinché possiamo in ogni momento rassicurare i cittadini che noi ci muoviamo esclusivamente nel loro interesse, che è nient’altro che il bene di questa nostra città.

Luca Balzi, consigliere comunale di Vicenza
link originale: http://www.lasberla.net/2009/12/balzi-sul-pat/

giovedì 3 dicembre 2009

Moschee e capponi: il sonno della ragione genera i nostri

Quando la Caritas diocesana, il sindacato, un partito, o la Confindustria organizzano un forum allestito in una struttura privata debbono allertare le autorità? No ovviamente. In Italia c'è libertà di espressione del pensiero. Ed è in forza di tale libertà che agli individui è consentito di pensare usando anche il metro degli imbecilli o dei ladri, magari di entrambi. Basterebbe questo assunto quindi per chiudere il circo delle polemiche scatenate attorno al prossimo forum promosso dall'organizzazione umanitaria Islamic Relief Italia, una sorta di Caritas islamica.

GLI STRALI LEGHISTI. Il Carroccio è partito lancia in resta puntando l'indice contro uno dei relatori invitati per la tre giorni al week-end vicentino: si tratta di Abdel Kafi. Quest'ultimo viene descritto sulla stampa locale dai vertici della Lega in modo inequivocabile: «... cacciato dall'Egitto per le sue idee eversive», in quanto sarebbe un «predicato­re della guerra Santa islamica come "un obbligo imprescindi­bile per tutti i musulmani e le musulmane da espletare in tut­ti i modi, sacrificando la pro­pria vita o con il denaro, la paro­la o il cuore"». Così parlò Alessio Sandoli, segretario cittadino leghista, sul Corriere del Veneto 28 novembre 2009. Peccato che queste affermazioni siano false. Ci ha messo pochi minuti un giornalista serio come Alessio Mannino su Vicenza Più, a sbugiardare Sandoli pargolo, che avendo un babbo giornalista, dovrebbe ben masticare qualcosa su come si acquisiscono le fonti. Ci ha poi pensato la stessa questura vicentina a spiegare che su Kafi non esiste alcun problema. Ma come diceva un vecchio adagio contadino, il grugnito del porco copre anche la voce dell'uomo più savio. E i villi intestinali della storia non sono finiti. Il Carroccio ha pure puntato l'indice contro gli stabili di Vecchia Ferriera nei quali si terrà la manifestazione. Per questi si denunciano irregolarità amministrative e presunti abusi edilizi.

I DIVERSAMENTE ASTUTI.
Così ci vuole poco perché i diversamente astuti del Pd caschino nella arrugginita trappola leghista, per giunta con l'esperto capogruppo democratico in consiglio comunale, tal Federico Formisano, il quale parla di raduno «inopportuno». Formisano viene poi scavalcato a destra dall'assessore all'edilizia privata, il curato aspirante padano ed ecclesiasticamente avvantaggiato Pierangelo Cangini, sempre del Pd che sbraita: la moschea in zona Ponte Alto «è abusiva». Uh a Vicenza il film è cominciato. Per caso il titolo è "La polizia s'incazza"? No, si proietta "L'amministrazione s'accozza".

IL PARADOSSO E LA PAGLIACCIATA.
Ad ogni buon conto i fatti, per chi li conosce e non li ignora, dicono altro. I fatti non descrivono una realtà di vibrante scontro politico tra destra e sinistra, ma di zuffa simile a quella dei capponi di Renzo. Stessa origine, stesse prodezze, stesso destino. Sì perché se gli abusi edilizi esistono da una dozzina d'anni almeno, la Lega si dimentica che sino a 18 mesi fa era stata al governo della città. Dal 2003 al 2008 per la precisione. E che cosa ha fatto per la lotta contro gli illeciti? L'unica consigliera leghista che li denunciava (Franca Equizi) è stata espulsa dal partito. E come mai?

Il peccato originale di quel pezzo di città sta nel fatto che sul piano regolatore vigente sta scritto che lì gli insediamenti possono essere solo produttivi. Ad esempio nel maxi edificio abusivo di Palazzo Oro, assai vicino al luogo islamico incriminato, (edificio abusivo poi de facto graziato da un condono), si scopre un primo altarino. Lì chiese una sanatoria per un abuso edilizio conclamato tal Stefano Stefani. Senatore leghista noto principalmente al pubblico nazionale per la vicenda dei rutti tedeschi. Poco più avanti sempre in zona madrasse si scopre un altro edificio preso di mira dagli uffici tecnici comunali per una storiaccia mai risolta di abusi edilizi. E chi è il proprietario dello stabile che, dio solo sa come, ospita il disco club Totem? Si tratta di una signora, al secolo Margherita Carta Veller, che nel 1998 fu candidata del Carroccio come sindaco. Forse sperava di diventare primo cittadino per obbligare l'amministrazione a sanzionare sé medesima, visto che in dieci anni di centrodestra e 18 mesi di centrosinistra nessuno ci è riuscito?

LA PARABOLA DELL'ASSURDO. Ma tant'è, il bello della parabola vicentina continua. Sempre vicino alla "moschea abusiva" ci sono locali di lap dance e locali per scambisti per i quali sono stati accertati abusi edilizi. In questo caso i big leghisti Manuela Dal Lago e Paolo Franco non invocano l'intervento del ministro dell'interno leghista Bob Maroni. Perché? Temono di trovare qualcuno dei loro aficionados a bordo di sandali tacco 16 impegnato in una battaglia per appendere più in alto un crocifisso tra un poster osè e l'altro? E per rigore amministrativo va aggiunta un'altra cosa. A essere onesti la posizione dei luoghi di preghiera presenti nel quartiere (uno islamico l'altro protestante, animato principalmente da africani) è la meno pesante. Una legge nazionale infatti prevede che siano possibili cambi di destinazione d'uso se le attività insediate fanno riferimento inequivocabile ad associazioni legate alla promozione delle attività filantropiche e sociali. E le comunità religiose rientrano in questo ambito, magari tirando un po' la corda. Vanno ovviamente rispettate le norme sanitarie e quelle di sicurezza, ma gli abusi edilizi non c'entrano a meno che non si modifichi lo stato dei luoghi.

Diversa invece è la situazione di chi al posto di un laboratorio artigianale ci piazza un lap dance o un privé per scambisti, magari gestiti da srl iscritte alla camera di commercio. Che cosa producono? Orgasmi? Corna? Sballi? Ministre? Non so; comunque nulla che abbia qualche attinenza col settore secondario. Insomma, il sonno della ragione genera i nostri.

Marco Milioni
link originale: http://www.lasberla.net/2009/12/moschee-e-capponi