venerdì 8 gennaio 2010

Dalla Valsusa a Variati

Oggi sul Corsera a pagina 25 c'è un titolo che meriterebbe la prima pagina: «La Tav a rischio stop». La questione approfondita da Marco Imarisio, uno degli inviati di punta del quotidiano della Rcs, è quella arcinota del tracciato ferroviario previsto e osteggiato in Val di Susa. Il tavolo tecnico voluto dalle parti si è di fatto polverizzato perché i No Tav hanno definitivamente calato la loro «opzione zero». Ovvero quella per la quale in vallata "i treni veloci" non passano. Punto. Il commissario governativo Mario Virano, ex Pc, una storia di ventilati conflitti di interesse per la sua vicinanza ad alcune grandi aziende interessate al tracciato, ha fatto capire al governo che a causa della durezza delle posizioni dei No Tav non ci sono «i presupposti per andare avanti». A beneficio di cronaca va ricordato che la contestazione contro la cosiddetta Alta Velocità era entrata nel vivo durante i primissimi anni 2000. Tant'è che la notizia del Corriere pesa come un macigno perché per il governo rischia di portare indietro alla mezzanotte l'intero iter. E tra gli artefici del blocco c'è Sandro Plano, ex Dc, ex sindaco di Susa nel Torinese, eletto in novembre a capo della locale comunità montana grazie ai voti dei No Tav e dei democratici dissenzienti dalle segreterie regionali e nazionali, le quali sono a favore della Tav. Plano è stato avvisato dal partito che paventa epurazioni dei ribelli. Senza batter ciglio Plano replica glacialmente: «Io cacciato? Dovranno farlo con tanti altri... E finisce che poi i congressi li fanno in una cabina telefonica». Plano non è uno sprovveduto. È un ingegnere che conosce la materia, visto che fa il funzionario per conto di una delle società che gestiscono i trafori stradali piemontesi. La vicenda valsusina però è importante anche per un altro motivo. Il nuovo presidente della comunità montana, quando parla di cabine telefoniche e congressi non lo fa per una semplice boutade. La sua frase è un affresco sull'allontanamento progressivo delle segreterie partitiche dalle istanze del territorio e della gente verso quelle degli affari. Il Pd è forse il caso più eclatante, non perché più perverso degli altri, ma proprio perché la sua storia professata, intrisa di questione morale, fa a cazzotti con appalti, potentati e interessi più o meno incoffessabili. Ma dal Piemonte arriva un'altra lezione. Il raffronto con Vicenza è facile da fare. I No Tav sono ancora vivi e vegeti e sono pronti a battagliare, dentro e fuori le istituzioni, per le loro ragioni. I No Base si sono divisi, dispersi, mentre alcuni di loro, specie tra i No Dal Molin, si sono trasformati nella ruota di scorta della giunta di centrosinistra, non tanto per connivenza politica, quanto per incapacità politica. Il Pd berico, dopo aver preso la palla al balzo della nuova base Usa, per lucrare sulle elezioni comunali, è immediatamente rientrato nei ranghi. In consiglio comunale non si vedono più bandiere della pace. Nella sala riunioni della maggioranza di centrosinistra campeggia il faccione di Barak Obama, il quale niente ha fatto per dire no alla Ederle Bis, mentre le sue truppe continuano, assieme alle nostre (o col supporto dei nostri governi) a occupare de facto Iraq e Afghanistan, con in testa l'opzione Pakistan. Il sindaco del Pd Achille Variati, a differenza di Plano, non penserà mai a mandare a quel paese la dirigenza nazionale del partito, anche quando la cosa sarebbe sacrosanta. Il segretario cittadino del partito, Claudio Veltroni, esiste solo in forza della omonimia del suo cognome con un altro perenne perdente, sempre di casa democratica. A questo punto è facile capire che non è una questione di schieramenti. È una questione di persone, di terra e di attributi. Nel Vicentino, terra da anni abitata da servi, l'epilogo per la Ederle bis stava forse già scritto nella mancanza di attributi dei suoi cives. Ecco perché gli americani hanno scelto Vicenza e non la Valsusa.

Marco Milioni
link originario: http://www.lasberla.net/2010/01/dalla-val-di-susa-a-variati/

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