martedì 30 maggio 2017

Il Corsera e Colomban

Ieri il Corsera di Roma ha parlato diffusamente degli escamotage utilizzati da Massimo Colomban, assessore alle partecipate nella giunta del M5S, per garantire il dovuto stipendio al suo braccio destro Paolo Simioni. Ora al di là della stranezza, chiamiamola così, di tale condotta, ma perché nessuno fa rilevare che Simioni è o è stato parte di quella nebulosa finanziaria che nel Veneto tramite Maltauro e Save strizzava politicamente l'occhio al mondo di Giancarlo Galan e Lia Sartori? E che dire delle connessioni di Simioni con la galassia Gavio? Si tratta di universi spesso in passato criticati alla morte dalla base del M5S. Che cosa dirà o farà quella base rispetto alla scelta di un Colomban già di suo legato un tempo (solo un tempo?) al centrodestra veneto? Come mai i quotidiani nazionali, che tanto battono, doverosamente su altre contraddizioni interne alla giunta capitolina, su questo versante invece lasciano tutto sommato in pace Colomban? E soprattutto, visto che Colomban ha una ascendenza precisa nei Cinque Stelle (si pensi al duo Casaleggio Borrelli) è in qualche modo legittimo pensare che alle origini del M5S, magari con la benedizione di qualche lobby o di qualche potere, qualcuno abbia inoculato volontariamente una sorta di backdoor attraverso la quale far confluire non troppo visibilmente persone, programmi e mire, che contraddicono in toto o in parte, i princìpi del movimento nonché il sentiment della sua base? Ed è legittimo domandarsi se questi filone carsico abbia origine proprio nella finanza veneta e patavina in primis?

giovedì 25 maggio 2017

Pfas e schiume antincendio nei pozzi: i militari Usa risarciscono i residenti


(m.m.) La marina degli Stati uniti ha dovuto sborsare quasi 10 milioni di dollari per connettere numerose utenze domestiche non più servibili da pozzi privati, nel circondario della gigantesca base interforze di McGuire/Dix/Lakehurst localizzata a una trentina di kilometri dalla città di Trenton nel New Jersey. La somma è il risultato di un accordo con le vicine municipalità in ragione dell'inquinamento da derivati del fluoro (Pfos e Pfoa, noti anche come Pfas) cagionato, in particolar modo dalla parte navale della base, alle acque dei pozzi ad uso potabile adoperati dai residenti attorno al complesso militare. Questo è quanto riferisce il portale americano «Water online» che a sua volta cita altre testate d'Oltreoceano.

A finire nel mirino dei media americani ci sono, tra le altre, le schiume contenenti Pfas utilizzate in funzione antincendio e ben presenti sia negli aeroporti civili che militari, nonché nelle strutture civili e militari di addestramento: il quotidiano "Burlington county times" al riguardo dà conto proprio di una esercitazione antincendio nella «training facility» della marina a Lakehurst: uno dei settori che compongono la base del New Jersey. Il medesimo quotidiano peraltro mostra una serie di foto fornite dall'Us Air force nelle quali viene descritto l'ampio uso di Pfas nelle schiume antincendio (nel riquadro una immagine di Robert Williard). Di una vicenda simile che coinvolge sempre i militari, in questo caso l'aviazione della Guardia nazionale, ha dato notizia il noto magazine di approfondimento Vice News. Il quale a gennaio è uscito con un lungo reportage sulla base di Stewart distante 60 kilometri da New York.

In realtà l'utilizzo dei Pfas in ambito militare è noto da tempo. Questi derivati del fluoro infatti finiscono anche nei solventi destinati all'aeronautica, nei circuiti elettronici, di uso civile tanto quanto militare. Della loro pericolosità parla diffusamente anche un rapporto della Astswmo, l'associazone americana che raccoglie i funzionari dei singoli stati che si occupano del controllo e della gestione dei rifiuti. Nella relazione peraltro sono indicate le industrie chimiche, a partire dalla 3M, i cui prodotti commerciali soddisfano i requisiti militari.

La querelle attorno ai Pfas ha fatto scalpore anche in Italia, dove si è verificato un caso in cui la contaminazione interessa un bacino di almeno 350mila persone localizzato nel Veneto centrale. La vicenda, nota dal 2013, tra proteste e polemiche anche politiche, continua a far discutere, pure a livello locale.

sabato 20 maggio 2017

Ieri a Venezia la Regione Veneto ha firmato con Cassa depositi e prestiti il mutuo di 300 milioni

Ieri a Venezia la Regione Veneto ha firmato con Cassa depositi e prestiti il mutuo di 300 milioni per il «contributo in conto costruzione per il completamento della su- perstrada Pedemontana veneta, in attuazione della delibera del 16 maggio "Procedura aperta per l'assunzione di un mutuo, con oneri a carico della Regione, per l'attuazione dell'opera". Come noto era stata indetta una gara ma è andata deserta, quindi è scattata l'autorizzazione alla stipula del mutuo con Cdp già prevista dalle delibere stesse. «L'impianto del contratto - sottoline ala nota - è coerente con lo schema di Terzo Atto Convenzionale approvato dalla Giunta regionale» martedì scorso. Il mutuo, «la cui efficacia -- mette avanti le mani Venezia - è subordinata alla sottoscrizione del Terzo Atto Convenzionale da parte del concessio- nario, è già strutturato per le due erogazioni previste nello stesso Terzo Atto: 140 milioni nel 2018 e 160 milioni nel 2019».

da Il Giornale di Vicenza del 20 maggio 2017; pagina 9

La Superstrada Pedemontana veneta è solo al 27%: servono lavori per 500 milioni l'anno

Il parere è favorevole perché questo patto «è la miglior soluzione tecnica, economica, e finanziaria che sia praticabile e possibile e che supera le criticità del precedente atto sottoscritto nel 2013 tra il Commissario e Sis, criticità evidenziate sia dalla Corte dei conti che dall'Anac». Così hanno scritto lunedì, poche ore prima che la Giunta desse il via libera definitivo, i tecnici del nucleo Nuvv (verifica investimenti) della Regione, guidati dal segretario generale della Regione, Ilaria Bramezza, e dal dirigente Gianluigi Masullo.

Insomma, per i tecnici è l'unico modo per evitare guai peggiori. Con l'obiettivo tra l'altro, lo scrivono chiaro, di rimanere «nell'alveo della convenzione originaria». È una condizione essenziale, perché martedì tra le righe il commissario di vigilanza Marco Corsini faceva capire che la Regione e il "team tecnico Pedemontana" hanno ben presente che il colosso Salini Impregilo, sconfitto da Sis nel 2009 per un cavillo legale decisivo nello scontro al Consiglio di Stato, potrà rivolgersi a Tar e Consiglio di Stato stesso per valutare se il nuovo accordo stravolge i termini della gara originaria.

Intanto dalle carte della Regione emergono altri particolari che sono anche la base di risposte a quesiti della Corte dei conti. Ad esempio che la garanzia fidejussoria versata da Sis è di 81 milioni (il 5% dei lavori), e che l'ipotesi di procedere alla risoluzione del contratto aprirebbe a un contenzioso con danni per tutti, compreso quello dei cantieri fermi. Inoltre gli esperti di Area Engineering incaricati della Regione, con studio certificato dal professor Marco Pasetto dell'Università di Padova, confermano che nel 2021 saranno circa 27mila (di cui oltre 5 mila camion) i veicoli al giorno, con un pedaggio di 1,68 euro per dieci chilometri per le auto (e 3 euro per i mezzi pesanti).

Invece nel 2059 i veicoli saranno saliti fino a 65 mila. E se il traffico sarà di più? La Regione potrà dare più soldi a Sis. Ma Venezia sa già che per i primi 9 anni in realtà andrà sotto (incassi meno alti del canone da dare a Sis) e potrà rifarsi solo dopo. Però la Regione sottolinea che Sis ora avrà otto mesi di tempo per chiudere l'accordo con banca JpMorgan per l'emissione di bond per 1,15 miliardi (e già subito però dovrà trovare finanziamenti per 250 milioni), se no salta tutto senza che la Regione abbia dato altri soldi.

I 914 milioni di aiuti pubblici su 2,25 miliardi, poi, rispettano il principio che nei project le casse pubbliche devono dare meno del 50% del totale. Sis poi potrà anche gestirsi gli incassi di pubblicità lungo la superstrada, i trasporti eccezionali e la ghiaia scavata (vale 74,5 milioni). Le spese generali per Sis sono fissate al 9% del totale investimenti. Infine è possibile aprire l'opera per parti, e i vicentini ci sperano. Ma a che punto è la Pedemontana dopo oltre 5 anni di cantiere? La delibera lo dice chiaro: solo al 27%. Per averla pronta a giugno 2020, come indica il cronoprogramma (e saremo sotto elezioni regionali), ora c'è da correre: al ritmo di 500 milioni di lavori entro ogni anno.

da Il Giornale di Vicenza del 20 maggio 2017; pagina 9

«Pedemontana, espropri da pagare entro dicembre»

I costruttori privati di Sis dovranno presentare entro un mese per la Pedemontana veneta un «piano di pagamenti delle somme dovute agli espropriati a titolo di indennità ed indennizzi in relazione agli accordi bonari sottoscritti fino al momento della firma di questo accordo». E quei pagamenti dovranno essere tutti onorati al massimo entro dicembre. Tenendo conto che comunque, dopo cinque mesi dalla firma dell'accordo, i ritardi nel pagare gli espropriati potranno essere sanzionati con una multa dalla Regione: per ogni giorno di ritardo, lo 0,5 per mille della somma dovuta all'espropriato. È una delle nuove clausole che la Regione ha inserito nel nuovo testo di "Terzo atto convenzionale" che la Giunta Zaia ha approvato martedì, su proposta dell'assessore Elisa De Berti, e che adesso chiederà a Sis di firmare come una sorta di "atto unilaterale", come l'ha definito il governatore Luca Zaia dopo il varo della delibera.

Il tutto però, come noto, non accadrà subito». Zaia infatti ha voluto che fosse inserito in delibera un "congruo termine" di tempo - non meglio definito - per presentare tutte le carte all'Anac di Raffaele Cantone e alla Corte dei conti. E aspettare a vedere se intendono dare indicazioni alla Regione prima che, con la firma del patto, il dado sia tratto.

L'AUMENTO IRPEF CANCELLATO E LA DIVISIONE DEL CONRTIBUTO REGIONALE. Come noto, la Regione è riuscita a eliminare l'addizionale Irpef che aveva "in via precauzionale" fatto votare al Consiglio regionale. C'è riuscita imponendo a Sis un cambio nei programmi: invece di un contributo da 300 milioni tutto in una volta, coperto con mutuo che la Regione ha firmato ieri, la cifra sarà divisa in due. Il testo del patto da far firmare a Sis (l'accordo c'è) prevede che il privato riceverà 140 milioni «a dieci mesi dalla sottoscrizione del presente atto» (quindi non più a gennaio 2018) per la quota certificata in quella data, «e la somma rimanente pari a 160 milioni il 31 gennaio 2019» sempre per la somma che sia stata certificata. Tutto questo costa circa 15 milioni di oneri finanziari in più a Sis. E tra le novità imposte dalla Regione nel nuovo testo c'è infatti anche l'uso dei 300 milioni di euro: sono «destinati prioritariamente al pagamento delle ditte espropriate secondo il piano dei pagamenti» appena introdotto. Ma sono destinati anche al «pagamento dei corrispettivi dovuti ai sub-appaltatori secondo le tempistiche concordate con il piano di pagamento con gli stessi convenuto». E sarà la Regione a controllare che siano state pagate agli uni e agli altri le somme fino a quel momento maturate.

IL CANONE DI DISPONIBILITÀ. Confermata la grande novità del nuovo accordo. Da una parte sarà la Regione a incassare i pedaggi della Pedemontana - il concessionario Sis glieli terrà in un apposito conto - e dall'altra al concessionario-gestore sarà dato ogni anno un canone di disponibilità che è fissato in 153 milioni più Iva (come noto sarà al 22%) per il 2020, ma sarà via via aggiornato e salirà fino a 435 milioni nel penultimo anno della gestione da parte di Sis, che è fissata in 39 anni di durata. Come noto, la Regione continua a segnalare a Corte dei conti e Anac due concetti base. Il primo è che purtroppo già nei patti precedenti con Sis (2009 e 2013), che ora vengono cancellati senza aprire contenziosi, al privato era riconosciuto un canone annuo di 432 milioni più Iva, per cui nei fatti Sis «rinuncia a circa 12,2 miliardi di introiti garantiti», riporta sempre la delibera. Il secondo è che comunque un rischio a carico di Sis c'è ed è legato all'impegno che ha di mantenere sempre attiva ed efficiente la superstrada: in ballo ci sono sanzioni che possono arrivare fino al 15% del canone annuo che la Regione gli deve versare.

LE MULTE. A carico di Sis, l'accordo prevede anche possibilità di multe: 25mila euro al mese per eventuali ritardi non giustificati nei lavori rispetto al cronoprogramma; 20mila euro di multa se non venisse rispettato il protocollo di legalità anti-mafia siglato con le prefetture di Treviso e Vicenza; e infine anche 10mila euro al giorno per eventuali ritardi nel presentare il piano di pagamento per gli espropriati con cui si è giunti a un accordo.

da Il Giornale di Vicenza del 20 maggio 2017; pagina 9

giovedì 18 maggio 2017

Sannino intervistato da Radio Vicenza

(m.m.) Ieri su Radio Vicenza è andata in onda una mia breve intervista a Gabriele Sannino, autore del libro «Politica italiana e nuovo ordine mondiale» recentemente presentato a Vicenza durante un breve aperitivo letterario al bar L'asterisco nel quartiere San Pio X. Per chi non è riuscito a seguire l'intervista in diretta è possibile comunque scaricarne qui il podcast.

mercoledì 17 maggio 2017

Dal «diètro frónt» alla ritirata il passo è breve: sulla Spv Zaia ha paura

Fermo restando che il diètro frónt della giunta regionale veneta sull’addizionale Irpef da riscuotere per la Pedemontana pone una serie di problemi politici non più differibili per il governatore leghista Luca Zaia, c’è un’altra partita ancor più delicata in corso. È quella delle premesse e delle conseguenze del suo annuncio: soprattutto sul piano amministrativo. Zaia, stando a quanto riportato ieri dai media, si guarda bene dal dire che il ricorso all’addizionale Irpef come può essere blandito e poi abbandonato, può essere tranquillamente «ri-abbracciato»: con una semplice decisione di giunta o con un passaggio ulteriore in consiglio regionale poco importa. Magari dopo la tornata amministrativa di questo giugno. Il che fa supporre che dietro questa boutade ci siano un po’ di calcoli elettorali, fatti in ritardo peraltro.

UN PRESIDENTE ONDIVAGO. Zaia fa un riferimento preciso ad una serie di constatazioni formali che la sua amministrazione avrebbe indirizzato alla Corte dei Conti e all’Anac. Però non dice quali e soprattutto non produce il testo originale nonché l’intero elenco dei destinatari della nuova rendicontazione che a suo parere renderebbe superfluo il ricorso all’addizionale. Un atteggiamento così ondivago ed ambiguo però però presta il fianco ad un filotto infinito di sospetti. Il primo riguarda la tempistica. Stranamente la retromarcia del governatore, della quale nemmeno aveva informato la sua maggioranza, che per questo rischia di diventare sempre più insofferente, arriva dopo la ultima clamorosa bocciatura dell’intero pacchetto Spv giunta dalla sezione centrale della Corte dei conti. Al di là delle ovvie critiche sollevatesi dal variegato fronte del no (che sbarcano anche su YouTube), a preoccupare il governatore evidentemente è l’ampia eco data alla bacchettata dei magistrati contabili da parte di quei quotidiani solitamente molto prudenti nel riferire tutte le critiche al progetto della Montecchio Maggiore Spresiano e di converso molto attenti alle opinioni del fronte del sì. Per di più la recente bocciatura da parte della Corte dei conti è uno smacco anche per la cabina di regia di super-esperti in questioni tecnico-amministrative della quale il presidente della giunta si è dotato in fretta e furia dopo che il commissario governativo alla Spv era stato abolito a fine anno proprio da palazzo Chigi

GRANDE IMBARAZZO. Peraltro poche ore dopo la notizia della sciabolata della magistratura contabile Zaia, in evidente imbarazzo, aveva parlato di controdeduzioni pronte per essere inviate e di «chiarimenti... precisi e puntuali per ciascuno degli argomenti trattati». Ovviamente nessuno pretende di conoscere l’anteprima di tali controdeduzioni. La questione di fondo però è che né Zaia né la struttura di progetto, pomposamente ribattezzata task force, sono fino ad oggi riusciti a spiccicare la benché minima replica ai micidiali rilievi della Corte dei conti vergati dal magistrato Antonio Mezzera: la toga che delineò con molti anni di anticipo gli oscuri mali del sistema Mose. Sullo sfondo frattanto rimangono alcuni nodi irrisolti che potrebbero, politicamente parlando, addirittura tramutarsi in scorsoi attorno al collo del governatore. Quest’ultimo ad esempio si è ben guardato dal rispondere all’esposto indirizzato dalla società di ingegneria Sics proprio alla Regione: esposto che peraltro descrive anche fattispecie potenzialmente rilevanti sul piano penale.

REPLICA STRIMINZITA. Per vero una replica, seppur striminzita, l’amministrazione l’ha comunque apparecchiata. Si tratta di un documento che Taepile.net può pubblicare in esclusiva, nel quale peraltro il responsabile tecnico della struttura di progetto sulla Spv, l’ingegnere Elisabetta Pellegrini, oltre a poche altre considerazioni non pertinenti rispetto al nocciolo della segnalazione, si limita a dire che «non si comprende chiaramente nella esposizione». Un po’ poco per una task force che declamata alla stregua di un dream-team tecnico giuridico, dovrebbe risollevare le sorti di una Pedemontana Veneta oggi sull’orlo dell’abisso.

L'OMBRA DI IMPREGILO. L’altra spada di Damocle che pende sul capo di palazzo Balbi riguarda invece il possibile contenzioso derivante dalle richieste di Salini-Impregilo, uno dei soggetti che partecipò alla gara per la realizzazione del progetto Spv e che fu esclusa dopo un lungo contenzioso giudiziario con Sis, risultata alla fine l’aggudicatrice. In soldoni Salini ritiene che il nuovo accordo giuridico-economico tra Sis e Regione Veneto (del quale a quanto se ne sa è stato votato in giunta solo lo schema ma senza la firma dei privati e senza che la sottoscrizione tra le parti sia avvenuta davanti a un notaio) imponga alla Regione d'indire un nuovo bando. Il motivo? Il nuovo accordo con la Sis cambia in corsa le carte in tavola. Il che non è permesso. Di questa magagna i media veneti hanno parlato in un paio di occasioni.

Nel merito però nessuno si è soffermato sul dettaglio dell’atto redatto da Salini: in gergo giuridico si tratta di un atto di intimazione e diffida, già al protocollo regionale col progressivo numero 101061 in data 13 marzo 2017 (del quale Taepile.net può mostrare in anteprima una copia integrale): «Si intima alla Regione Veneto... - sta scritto in quelle carte - di revocare in autotutela tutti gli atti eventualmente già illegittimamente adottati» e si «diffida la Regione in persona del Presidente e legale rappresentante dal procedere all’adozione di qualsivolglia ulteriore atto finalizzato alla modifica del rapporto concessorio con il Consorzio Sis per la Pedemontana Veneta». Si tratta di parole che pesano come macigni anzitutto per questioni di ordine giuridico. Le parole usate dall’amministratore delegato di Impregilo Pietro Salini costituiscono la formula di rito in forza della quale in presenza di una asserita inerzia del soggetto cui la doglianza viene indirizzata si procede poi con un ricorso alla magistratura amministrativa.

GRANE LEGALI. La legge infatti, soprattutto quando ci si può permettere uno stuolo di luminari del diritto amministrativo come può permettersi un gigante quale è Salini, non solo consente di impugnare uno o più atti. Bensì concede la facoltà di portare davanti al giudice amministrativo anche il soggetto che si ritiene colpevole di una o più inerzie. Di più, l’eventuale mancato adempimento di alcuni obblighi, soprattutto a fronte di continui, formali e ripetuti avvisi, può costituire la premessa anche per inchieste penali da parte delle procure competenti: a partire da quella di Venezia. A questo punto sul tappeto rimane una domanda. Se ciò che scrivono i quotidiani è corretto, Zaia afferma di avere sottoposto la nuova rendicontazione scaturita dall’abbandono della addizionale Irpef, sia all’Anticorruzione che alla Corte dei conti. Sempre Zaia spiega che è in attesa di una risposta di questi ultimi. E che al contempo spera che avuto in poche settimane il nulla osta dei due destinatari procederà alla firma della intesa col privato.

SPV IN GHIACCIAIA? ALEGGIA LO SPETTRO. Ma che cosa succederà se i due enti chiamati a vagliare il rendiconto, sempre che tale iter sia in linea con la legge, si prenderanno mesi su mesi o se addirittura bocceranno la revisione della proposta? Zaia dirà che è colpa di Roma? Per caso si è costruito le condizioni politiche per mettere in ibernazione sine die un progetto che ha un orizzonte sempre più fosco icasticamente ribattezzato dalle opposizioni «Spv Game over»? Più che in un cul de sac la Spv oggi pare una strada senza uscita, una strada chiusa. Dal dietro front alla ritirata il passo è breve.

Marco Milioni
prefatorial Taepile.net