mercoledì 30 giugno 2010

Senza fine

In questi giorni nella casella di posta elettronica di molti ciechi sta giungendo un messaggio, contenente un appello alla sottoscrizione di una petizione, che vorrebbe ottenere dal presidente del Consiglio e dal ministro dei beni culturali un passo indietro circa il taglio dei finanziamenti pubblici all’ente Regina Margherita di Monza.

Infatti questo ente la funzione del quale è rendere accessibili ai minorati della vista libri e spartiti in formato digitale e non, in forza del decreto Legge che mette in atto l’ultima manovra finanziaria, rischia di subire un taglio di 2.650.000 euro su un totale di 4.000.000, che probabilmente porterà alla chiusura dello stesso. Questo perché se l’ente in oggetto già ora non riesce a soddisfare le richieste degli iscritti, figuriamoci poi come potrebbe operare con un taglio dei finanziamenti pubblici come quello sopra descritto.

Questa chiusura comporterebbe una quasi totale interruzione di questo genere di servizi, che provocherebbe un importantissimo deficit culturale. Infatti stiamo parlando della possibile chiusura dell’unico ente in Italia accreditato ed autorizzato e sistematicamente dedicato alla accessibilità della cultura ai ciechi ed ipovedenti, mediante la trasformazione di un testo o spartito, in formato digitale accessibile ai membri della Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (altri 50 euro di iscrizione).

Ricordando infatti che la quota di iscrizione alla libreria per ciechi Regina Margherita di Monza nell’ultimo anno è passata da 10 a 50 euro a causa di tagli già avvenuti, vorrei sottolineare l’inciviltà di un Paese che considera inutile un ente che, ad esempio, permette ai bambini e ragazzi deficitari della vista, di affrontare le scuole elementari e medie inferiori e superiori, utilizzando i libri che anche i loro compagni normalmente utilizzano.

Un ente che quindi mi sento di indicare come finalizzato alla realizzazione di uno dei principi fondamentali della nostra bellissima costituzione, ed in particolare del comma secondo dell’articolo terzo, che sancisce come sia «compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando difatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Domandiamoci ora: questa rinuncia avviene in nome di cosa poi? Di una crisi che a detta di chi oggi governa era già finita sul nascere? Bugie su bugie come le motivazioni che vengono oggi addotte per giustificare la reale necessità di un’altra programmazione pluriennale delle finanze pubbliche, mediante l’ennesimo decreto legge. Decreto che accompagnato dai tre “Documenti di programmazione economica e finanziaria” annuali rispettivamente per il 2011 2012 e 2013, di circa dodici miliardi di Euro l’uno, dovrebbe permetterci di avvicinarci a quei parametri che, sin dal trattato di Maastricht del 1992, la UE ci impone di rispettare. Parametri questi divenuti poi obbiettivi fissati con un analogo Decreto Legge già nel 2008 ma mai raggiunti, così come emerge dal bilancio consuntivo dello Stato del 2009.

Infatti all’indomani dell’insediamento dell’attuale esecutivo, i ministri dell’economia, dello sviluppo economico, della semplificazione (ed altri “insigni giuseconomisti”) ebbero a redigere il primo dei numerosissimi decreti legge emanati da questo Governo, che aveva le medesime finalità della manovra correttiva emanata la settimana scorsa per Decreto appunto . Stiamo parlando del D.L. 112 del 25 giugno 2008, poi convertito in legge il 9 agosto dello stesso anno, in soli nove minuti nonostante la prolissità e la complessità del suo contenuto . Questa norma giuridica recante il titolo “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, recitava all’articolo uno: «Le disposizioni del presente decreto comprendono le misure necessarie e urgenti per attuare, a decorrere dalla seconda metà dell’esercizio finanziario in corso, un intervento organico diretto a conseguire, unitamente agli altri provvedimenti indicati nel Documento di programmazione economica e finanziaria per il 2009... un obiettivo di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche che risulti pari al 2,5 percento del PIL nel 2008 e, conseguentemente, al 2 per cento nel 2009, all’1 per cento nel 2010 e allo 0,1 per cento nel 2011 nonché a mantenere il rapporto tra debito pubblico e PIL entro valori non superiori al 103,9 per cento nel 2008, al 102,7 per cento nel 2009, al 100,4 per cento nel 2010 ed al 97,2 per cento nel 2011».

A questo punto però mi chiedo quanto segue. Queste solenni affermazioni espresse da un ministro dell’economia che si affermava consapevole della crisi che in quei mesi andava a delinearsi come la peggiore dopo quella del '29, in una norma giuridica avente forza di legge datata 2008, come dovremmo interpretarle oggi, che possiamo certificare un debito pubblico italiano nel 2009 consolidatosi all’incirca al 115% del PIL del medesimo anno? Io non lo so. So però che il 102% nel rapporto debito pubblico PIL, obbiettivo del 2009 oggi è divenuto l’obbiettivo del 2013. So anche che gli strumenti formali (decreto legge di programmazione pluriennale) e sostanziali (tagli a danno dello stato sociale inteso in senso amplio) per raggiungere gli obbiettivi sono rimasti i medesimi.

Così un fattore che mi appare piuttosto palese al di là del fatto che i conti siano saltati per motivi più o meno nobili (un aumento della evasione fiscale, piuttosto che un calo del pil derivante dalla crescente ed inarrestabile disoccupazione, o dal doveroso incremento della spesa pubblica per la cassa integrazione) ci permette di dire che il decreto fratello di quello sopra citato che in questi giorni ci è stato presentato come manovra finanziaria in risposta allo sconquasso monetario e finanziario riconducibile alla crisi greca, trova nella stessa una motivazione fasulla.

Si perché i giornalisti ed analisti che incalzano da gennaio il ministro dell’economia con la domanda circa la necessità o meno di una manovra correttiva a maggio giugno non trova di certo origine in una “crisi Greca” manifestatasi solo poco fa, bensì in un fallito traguardo di bilancio pubblico, fissato appunto dal D.L. 112 sopra citato al dicembre 2009. A questo punto allora io mi chiedo ex ante: quale è il perché di tale mancato raggiungimento degli obbiettivi fissati ex lege? In secundis: dove dovrei trovare le motivazioni che mi facciano accettare il fatto che, in forza del nuovo taglio che il Ministro dei beni culturali si accinge a operare, io da cieco non potrò più utilizzare i libri di testo con i miei discenti (se mai ne avrò ancora l’anno prossimo visto e considerato che potrei essere uno di quei precari che il solito decreto 112 del 2008 ha tagliato mediante una riduzione di spesa pubblica di otto migliardi di euro nella scuola)?

Signori qui c’è gente che la crisi l’ha già vissuta e sa che nei prossimi anni continuerà a viverla ad esempio attraverso il blocco di aumenti di uno stipendio che, se mai continuerà ad esserci , è già oggi agli ultimi posti delle classifiche europee. La ricetta che però questo governo continua a proporre per arginare il disastro in corso, impostata su sacrifici in capo sempre ai soliti lavoratori subordinati, non la posso accettare in silenzio. Non riesco infatti a tacere ne sull’evasione fiscale (cresciuta nell’ultimo anno da 100 a 120 miliardi di euro mentre dalla lotta alla stessa se ne sono recuperati solamente nove) ne sulla corruzione /concussione, che secondo la Corte dei Conti nell’ultimo anno ci è costata 60 miliardi di euro.

Questioni queste che sommate offrirebbero un bacino di miliardi di euro, dal quale pescare le risorse per limitare una crisi che, imprenditori evasori e corrotti e politici concussi hanno enormemente contribuito a provocare. Allora parlo e dico: diamine, mettetele le mani nelle tasche degli italiani; ma nelle tasche di coloro che prima della crisi di fatto o di diritto risultavano agiati economicamente e che ora lo sono divenuti, in termini relativi od assoluti, ancora di più. Riportiamo così ad esempio la tracciabilità dei pagamenti a somme intorno ai 100 euro, portiamo le imposte sulle rendite finanziarie ad una soglia in linea con le medie europee, aumentiamo la pressione fiscale su redditi abnormi e simili, ma finiamola di accanirci sempre contro i soliti noti.

Sto parlando dei lavoratori subordinati che, oramai da troppi decenni, sopportano gran parte “dell’onere” del riempimento delle casse dello stato, che dovrebbero consentire un’esistenza dignitosa a tutti i cittadini. Anzi ciò di cui stiamo parlando non è un diritto solamente del cittadino, bensì dell’uomo che non riesco a non riconoscere leso nella sua dignità appunto, nel momento in cui si considera inutile la possibilità di accesso alla lettura per i ciechi, sinora garantita per quanto più possibile dalla libreria per ciechi Regina Margherita di Monza. Anche per questo motivo invito tutti a sottoscrivere la petizione (http://www.ipetitions.com/petition/prova/) per salvare un ente per nulla inutile.

Riccardo Melchiorre
link originario: http://www.lasberla.net/index.php/2010/06/senza-fine/

lunedì 28 giugno 2010

Parco della Pace? No, foglia di fico

Non capisco cosa abbiano da festeggiare Variati, la Bottene e i pacifisti della domenica: hanno combattuto per anni, alcuni soltanto a parole, il Dal Molin a stelle e strisce, e ora si ritrovano con un parco ribattezzato della pace accanto ad una caserma con truppe di guerra (i parà della 173a brigata vanno a crepare in Afghanistan e Irak per “esportare la democrazia”). Il trucco sta nella parola “pace”: 650 mila metri quadri di verde a fare da foglia di fico alla sconfitta del no alla Ederle 2. E tutti ad applaudire. Questi o ci sono o ci fanno.

Achille Variati sindaco del Pd, partito contrario a Vicenza e favorevole a Roma, sicuramente è uno che ci fa. «Una grande vittoria della città che pone le fondamenta per la riconciliazione di Vicenza», ha proclamato con ostentato trionfalismo. Il perché lo ostenti è logico: a lui interessa archiviare per sempre la divisione fra i vicentini sulla base per togliersi di dosso una volta per tutte il marchio di capo-popolo delle pentole e beniamino degli “anti-americani” (che poi non è vero, ma la vulgata è questa). Un marchio che nel mercato politico-elettorale non solo non paga più – Achille deve la sua elezione anche ai voti del Presidio e company – ma che ormai i voti glieli farà perdere. I duri e puri del no sono destinati all’eclissamento per inutilità: qual è, infatti, il senso politico della battaglia contro una base che verrà costruita e che ha avuto pure il contentino di un giardino pubblico come premio di consolazione? Questo Variati l’ha capito già da quando, l’anno scorso, ha scaricato pubblicamente la Bottene e compagni. Oggi, col governo Berlusconi che dà il benestare al finanziamento della tangenziale nord (11,5 milioni di euro) e al famoso parco, lo sganciamento dal movimento ex oceanico dei No Base si compie definitivamente.

Achille deve virare al centro, ai voti moderati, se vuole ottenere la riconferma nel 2013 (sempre che non opti, dato l’alto tasso di imprevedibilità della politica italiana, per un seggio parlamentare). Di qui la corte fatta a Claudio Cicero. Ecco, su questo personaggio non vorremmo spendere molte parole. Ci costringe a farlo la realpolitik variatiana, che vorrebbe addirittura fare del campione dell’aeroporto a tutti i costi (lui che dovrebbe fare compagnia, benché per altri motivi, alle Bottene e agli Albera fra gli sconfitti eccellenti di tutta questa vicenda) il nuovo assessore della squadra di Palazzo Trissino. Ci ritroveremmo in giunta l’ex assessore di Huellweck in quota An che fu responsabile operativo in quella precedente dello sconclusionato e impossibile scambio base militare-scalo civile, un'illusione a cui solo un fanatico come lui, ossessionato dalle visioni di aerei sfreccianti e strade trafficate, poteva credere in perfetta buona fede. Lasciamo pure perdere le sue personali inclinazioni ideologiche (il suo totem è il Duce che inaugura le opere del regime), tanto ora mai di cose di questo tipo non frega più niente a nessuno. È che il pacchetto di voti che rappresenta la sua lista civica fa gola ad un centrosinistra che vedrà evaporare quelli alla sua estrema sinistra. È il mondo impersonato da Cicero che Variati vuole inglobare, gente tendenzialmente di centro o di destra e che ama il “fare” (per il fare). Anche perché il centrodestra ufficiale, sprofondato nelle rivalità e nelle lotte per qualche briciola di potere, è completamente in panne e, molto probabilmente, lo resterà a lungo. Con Cicero sarebbe più facile, per Achille, darsi un'immagine credibile di candidato trasversale, tutto fatti e niente preconcetti, capace di accogliere le istanze di chi non si riconosce del Pd e tanto meno nella “sinistra” (ma esiste ancora, a Vicenza e in Italia? Destra e sinistra sono veramente categorie morte e stramorte).

Chiusa la parentesi Cicero, torniamo alle anime belle che giocheranno nel parco. «Festeggeremo il 12 luglio con Marco Paolini all’interno del parco della pace, ci sembra il modo più giusto per continuare a dire il nostro no alla guerra», ha dichiarato tutta contenta Cinzia Bottene. «Sarà la più grande area verde della città dove famiglie, giovani e anziani, bambini e persone disabili, turisti e sportivi, italiani e stranieri, potranno incontrarsi in serenità ed armonia con la speranza che la storia dell'umanità riuscirà a far cadere altri muri: quelli di tutte le basi militari nel mondo», ha sostenuto idilliaco John Giuliari, assessore con delega sognante alla Pace. La Pace, questo mito che spegne il cervello e ammansisce le pecore. L'errore e l'inganno stanno tutti in questo idolo, il vitello d'oro a cui nessuno osa dire no. L’opposizione alla base americana non avrebbe dovuto confondersi fino a identificarsi col pacifismo tout court, perché il risultato è stato di farla passare come l’ennesima protesta di sinistra velleitaria e demagogica, anziché come rivolta in nome della sovranità nazionale e dell’autodeterminazione locale (nonché contro un modello di sviluppo dominato dall'arroganza padronale degli Stati Uniti). Difatti, adesso basta appiccicare l'etichetta della “pace” ad un parco e le ragioni di quella rivolta saranno dimenticate, e la rivolta stessa non sarà servita a niente. Perché mica ci vorranno far bere sul serio la fiaba per poppanti che un po' di verde farebbe cadere i «muri di tutte le basi militari del mondo», spero. La retorica auto-compiacente sa di beffa, e oltre che far ridere fa anche un po' incazzare.

A questo punto, noi che siamo sempre stati contro il Dal Molin americano, diciamo che è arrivato il “the end”. Mettiamocela via, perché noi vicentini, tutti quanti, compresi, anzi in particolare i contrari che si beano con gli alberelli e i “polmoni verdi”, l’americanizzazione di Vicenza ce la meritiamo. Buona passeggiata nel parco.

Alessio Mannino
link originario: http://www.lasberla.net/index.php/2010/06/parco-della-pace-no-foglia-di-fico/

Concia, i tentacoli della cricca veneta

Che cosa è successo durante gli ultimi giorni a Vicenza e provincia? Come vanno valutati gli ultimi sviluppi delle inchieste Dirty Leather e Reset? Come vanno valutate le ultime rivelazioni uscite sulla stampa locale? Si può parlare di un livello politico lambito dall'inchiesta della procura berica? I primi riscontri pubblicati dai media ovviamente dovranno affrontare un percorso giudiziario lungo. Ma una cosa è la verità secondo i dettami del codice penale, altra è invece la verità storica descritta anche dai comportamenti sociali.

IL RITORNELLO. Da settimane in un pezzo dell'opinione pubblica (anche per le continue prese di posizione di politici come Giorgio Gentilin sindaco di Arzignano in quota Pdl) si è diffusa la sensazione, ed è un vero ritornello, che gli imprenditori fossero finiti in una sorta di vortice perverso. Il quale li obbligava in qualche maniera a pagare mazzette, pena una serie di controlli approfonditi che avrebbero messo nei guai la ditta finita nel mirino degli agenti tributari. «Mi sentii ricattato» fa sapere infatti urbi et orbi il numero uno della concia arzignanese Bruno Mastrotto.

PARADIGMA MASTROTTO. La sua visione di fondo però è contestata in primis dagli inquirenti; è chiaro infatti che se uno teme come la morte di essere controllato dal fisco è assai probabile che non abbia le carte in regola. Almeno il buon senso dice questo. Ma quali sono i rapporti numerici in ballo? Un esempio eclatante è appunto quello di Bruno Mastrotto. Al posto di chiudere con lo stato una partita fiscale da sette milioni se la sarebbe cavata con una «supertangente di 200 mila euro... Una pacca sulla spalla che sarebbe stata accompagnata dal pagamento all’Erario di 700 mila euro a titolo di accertamento con adesione». Così spiega le cose Il Corveneto del 18 giugno. Una ricostruzione che compare similmente su una mezza dozzina di testate, nazionali e non, tra i silenzi dei big della politica berica (sinistra radicale esclusa) e quelli dei vertici dell'Assindustria locale.

IL J'ACCUSE DELLA PROCURA. Ivano Nelson Salvarani, suo l'ufficio di procuratore della repubblica di Vicenza, non è però rimasto in silenzio; anzi mette i puntini sulle “i” e rammenta a tutti che la gran parte dei bènefìci di una pratica scorretta erano e sono appannaggio degli imprenditori che non pagano le tasse. «Dovevano denunciare» gli agenti del fisco infedeli, ripete il procuratore. L'evasione infatti è il presupposto non solo di arricchimenti illeciti, ma pure di una concorrenza sleale nei confronti di quegli operatori che rispettano le regole.

Se si considera che i numeri della evasione stimata sono da urlo e che ad Arzignano di riffa o di raffa una impresa conciaria su due non è ossequiosa delle norme, si capisce che il tanto decantato comparto della concia deve parte del suo successo non solo ad una gestione allegra dei rapporti col fisco, ma anche a controlli che da lustri e lustri sortiscono effetti quasi nulli. Lo scenario è quello di un sistema corrotto da almeno venti o trent'anni. A parlare così, almeno per quanto riguarda la diffusione degli illeciti fiscali, non sono pochi visionari di turno, ma i vertici della GdF vicentina; i quali nell'ambito delle indagini si sono limitati a focalizzare l'attenzione verso i comportamenti che ancora possono essere perseguiti sul piano penale o fiscale, mentre hanno per forza lasciato per strada ogni addebito già divorato dalla prescrizione.

E LA POLITICA? «I fatti di questi giorni dimostrano che i legislatori, come gli amministratori locali, in tutti questi anni non hanno voluto o saputo mettere mano ad un malaffare del quale tutti, chi più chi meno, parlavano. Ricordo bene che da semplice militante la questione "concerie" divenne subito un tabù anche dalle parti del Carroccio. Forse perché è dalle parti dei padroni del vapore che sta il potere reale? I fatti di queste settimane mi fanno rispondere affermativamente a questa domanda...».

A porre la questione in questi termini è l'ex consigliere comunale vicentino (ed ex leghista) Franca Equizi in una lettera aperta resa nota il 22 giugno. Una lettera durissima, al momento senza repliche, nella quale la Equizi racconta la sua esperienza di militante del Carroccio della prima ora.

LA UIL NEL MIRINO. Equizi però non si ferma e se la prende con la Uil. Fa adombrare in qualche maniera il dubbio che Antonio Bertacco, responsabile veneto del settore concia e chimica, abbia tirato in ballo la questione occupazionale, per lanciare un messaggio cifrato agli investigatori. Come a dire che se si dovesse indagare troppo a fondo si rischia di mettere in crisi anche il livello occupazionale. L'ennesima dimostrazione, se verificata, che gran parte del comparto non potrebbe esistere se non fosse stata perseguita la logica degli illeciti di massa.

Non a caso la Equizi prende di mira la frase di Bertacco riportata dal Corriere Veneto il 19 giugno: «Quando su un distretto di 450 aziende medio-piccole e 120 industrie si hanno 77 società coinvolte nell’evasione, vuol dire che è un fenomeno macroeconomico. Potrebbero esserci risvolti occupazionali dopo l’estate». Si tratta per giunta di un passaggio che avrebbe fatto storcere la bocca a diversi investigatori, i quali, per le pochissime notizie che filtrano da palazzo Negri, si stanno muovendo su un terreno difficile, anche per la scarsa o nulla collaborazione di chi è a conoscenza di circostanze utili all'indagine.

FONTANELLA IN SILENZIO. Per di più in questi mesi di indagine che hanno straziato l'imprenditorìa della Valchiampo c'è un politico di primissimo piano che è rimasto in silenzio. Si tratta di Giuliana Fontanella (Pdl). Quest'ultima per anni è stata la referente di spicco del suo partito proprio per la Valchiampo. Per anni è stata la potentissima presidente della commissione attività produttive in seno al consiglio regionale veneto. La Fontanella è stata anche uno dei protagonisti delle ultime elezioni regionali dove non ha ottenuto la riconferma. Ma chi da lei si aspettava parole di chiarezza rispetto alle vicende della concia è rimasto deluso.

STEFANI E BONADEO. Rimane tutta da chiarire frattanto la questione delle presunte liason parlamentari tra Vittorio Bonadeo (un passato nella GdF e nelle Ftv, tra i fiscalisti più conoscuiti in città, attualmente ai domiciliari per l'inchiesta Reset-Dirty Leather) e il deputato leghista Stefano Stefani. In una intercettazione pubblicata da Il Corriere del Veneto il 7 giugno 2010, Bonadeo fa capire al suo interlocutore, si tratta di Mario Pietrangelo (indagato come Bonadeo), che lo stesso Bonadeo si sarebbe dato da fare affinché un gruppo di deputati, tutti leghisti o quasi, redigesse una interpellanza parlamentare con lo scopo, più o meno dichiarato, di mettersi di traverso rispetto al lavoro della procura di Vicenza in relazione alla vicenda del fallimento della MyAir e in relazione al fallimento della Conceria Dal Maso.

INCARICHI CHIAVE. Ma la domanda da un milione di dollari è un'altra. L'interpellanza è un fatto a sé stante oppure è la spia del fatto che gli incarichi chiave presso l'agenzia delle entrate di Vicenza come quella di Arzignano erano assegnati con l'obiettivo di accomodare i controlli? E si può ipotizzare lo stesso dei posti chiave presso la direzione regionale della agenzia delle entrate a Venezia? Quest'ultima infatti non ha solo in capo le pratiche per le aziende con grandi fatturati, ma ha una certa voce in capitolo proprio nella definizione degli organici e dei ruoli il grosso dei quali spetta alla sede centrale a Roma; ma soprattutto Venezia riveste preminenti funzioni in materia di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo delle succursali provinciali e locali.

LA CRICCA VENETA. I giornali che hanno raccontato l'ipotesi investigativa della magistratura, hanno soprannominato questo gruppo di funzionari presunti infedeli in forza alla agenzia delle entrate “la cricca veneta”. Ne farebbero parte Angelo Fiaccabrino, il dirigente Roberto Soraci, Antonio Letizia, Claudio De Monte e Filiberto Segantini. In quest'ottica Il Corriere del Veneto del 17 giugno riporta stralci dell'interrogatorio di Vittorio Malucci.

Malucci, responsabile della agenzia delle entrate di Arzignano dal 2000 al 2005 fornisce la sua verità in modo preciso: «Non so se Fiaccabrino e altri della direzione regionale prendessero soldi ma posso presupporre di sì. In ordine a Fiaccabrino ero certissimo che prendesse soldi... Tra Fiaccabrino e Segantini c'era un'amicizia storica... reputo che Fiaccabrino prendesse soldi perché quello era l'andazzo alla Direzione Regionale di Venezia in quegli anni... Dal 2000 i responsabili degli accertamenti alla direzione regionale erano Sanfilippo, Del Greco, e Lanzafame... Il trait d'union tra Arzignano e Venezia era Fiaccabrino che aveva la forza di parlare con l’Agenzia delle Entrate...».

IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE. Così la testimonianza resa da Malucci tra la fine di febbraio e i primissimi di marzo 2010 apre una finestra, anzi una vetrata, sul sistema. Per muovere funzionari di livello e dirigenti, pianificare tabelle di servizio occorre avere referenti di altissimo livello in seno alla agenzia delle entrate. È possibile che un gruppo di consulenti fiscali (l'altra parte della cricca) capeggiati da Bonadeo avesse, da solo, il potere di influire sulle decisioni che contano in seno all'agenzia delle entrate? In questo senso infatti la direzione generale a Roma ha aperto, con l'espresso consenso del direttore generale Attilio Béfera, una indagine ispettiva interna. Di più; se il racconto di Malucci dovesse trovare riscontri, sarà la prova certa per affermare che incarichi e organigrammi siano stati taroccati su input politico e su richiesta ultima di qualche big della imprenditoria berica? E che significa poi che Fiaccabrino «aveva la forza di parlare con l’Agenzia delle Entrate», si suppone del Veneto? Significa che aveva agganci di alto livello, anche politico?

RAPPORTI MINISTERIALI. Ora gli equilibri in seno alla agenzia delle entrate non sono modificabili dal primo che passa. L'agenzia è un ente autonomo posto sotto la vigilanza e l'indirizzo politico del dicastero dell'economia capitanato dal ministro Giulio Tremonti (Pdl). Se, sul piano teorico, si vuole avere una copertura per muovere il tal direttore, piuttosto che il tal funzionario, magari per sistemarli in posti chiave da dove condurre accordi poco leciti, bisogna avere rapporti di primissimo livello presso il ministero competente. Il che significa, sempre a livello teorico, ministro, sottosegretari, capo di gabinetto, direttori di dipartimento e via dicendo. Le rivelazioni di Malucci possono portare così lontano?

IL TEAM. Ovviamente solo gli inquirenti hanno in questo momento gli elementi per dare una risposta. Il procuratore berico Ivano Nelson Salvarani, il pubblico ministero Marco Peraro (cotitolare dell'inchiesta), il comandante della guardia di finanza provinciale di Vicenza Antonio Morelli, il capo della tributaria provinciale e suo braccio destro Paolo Borrelli, il comandante della finanza di Arzignano, il tenente Angelo Aloi e i loro detective: nelle loro teste, nei loro atti e nei loro computer c'è il bandolo della matassa di una delle maggiori inchieste per evasione fiscale mai iniziata nel Veneto. Da capogiro i numeri: 1,4 miliardi la base dell'imponibile; oltre un centinaio di milioni di euro gli importi evasi. C'è però un quesito di fondo che gira tra i cronisti vicentini di giudiziaria. Ci vorrà molto prima che qualche giornale pubblichi l'elenco completo degli imprenditori finiti sotto indagine penale o fiscale? Ci sono cronisti vicentini che già sono in possesso di questo elenco che scotta? Perché sino ad oggi non è saltato fuori?

Marco Milioni
da Vicenzapiù del 26 giugno 2010; pagina 4

giovedì 24 giugno 2010

«Le concerie? Tabù della Lega»

«Lega Nord e Pd, come gli amministratori locali, in questi anni non hanno saputo o voluto mettere mano ad un malaffare di cui tutti sapevano. E anche adesso, da destra a sinistra, tutti tacciono». Sono le accuse di Franca Equizi, ex consigliera leghista vicentina (fino al 2008), ai partiti della provincia per il «terremoto» sulla concia scatenato dalle inchieste della Guardia di Finanza «Dirty leather» e «Reset». Immediata la replica del segretario provinciale del Carroccio, il senatore Paolo Franco: «Tutte sciocchezze, ben vengano le indagini e facciano il loro corso». E l’ex sindaco di Arzignano e consigliere regionale Pd Stefano Fracasso risponde che «Equizi forse non legge bene le cronache, abbiamo più volte trattato il tema e da sindaco andai anche a fare segnalazioni all’Agenzia delle Entrate regionale». Ma la ex pasionaria del Carroccio berico affonda. «L’evasione fiscale contestata ammonta a circa 1,5 miliardi di euro, la storia secondo gli inquirenti va avanti dagli anni Ottanta. Mi domando cosa ha fatto la politica, ma anche la Procura e la Guardia di Finanza, in questi vent’anni - commenta Equizi con una lettera aperta - in Regione e Provincia il centrodestra governa da metà anni Novanta e una delle chiavi di volta di questo sistema di potere è la Lega. Ricordo bene che la questione concerie divenne presto un tabù anche nel Carroccio, ma non vanno ignorate nemmeno le responsabilità del centrosinistra. Ad ogni modo, con un caso che per Vicenza è simile alla "cricca" di Anemone tutti stanno zitti. In questa città c’è un’omertà di stampo mafioso».

E l’ex leghista critica anche la Uil vicentina che, nei giorni scorsi, ha richiamato l’attenzione su problemi occupazionali che potrebbero insorgere dopo l’estate a causa delle mazzate giudiziarie alle aziende. «Franca Equizi si è fatta finalmente risentire e ha detto le stesse sciocchezze che diceva un tempo - è la secca replica di Paolo Franco - È chiaro che la situazione è difficile e grave. La Lega sta dalle parti degli imprenditori onesti e dei magistrati che stanno indagando: è giusto che i disonesti vengano allontanati, l’abbiamo detto e ripetuto».

Fracasso poi osserva che «adesso va di moda prendersela con i partiti, quando ci sono delle colpe, ma si consideri che i partiti non hanno accesso ai bilanci delle aziende. Ricordo di aver preso a cuore la questione quando era ai suoi inizi ed ancora ero sindaco: ho fatto un incontro a porte chiuse col direttore regionale dell’Agenzia delle entrate, i finanzieri e le imprese, oltre a segnalare all’Agenzia stessa le situazioni e i comportamenti anomali, quando mi vennero notificati».

E proprio ieri il Pd ha presentato un’interrogazione parlamentare a risposta scritta sul tema, firmata dalla deputata vicentina Daniela Sbrollini e dal collega di partito Alessandro Naccarato. Si chiede ai ministeri dell’Interno e delle Finanze «quali misure intendano porre in essere per concedere le risorse necessarie ai controlli fiscali e all’attività investigativa per le inchieste vicentine».

Andrea Alba
da Il Corriere del Veneto del 24 giugno 2010; edizione di Vicenza, pagina 10

mercoledì 23 giugno 2010

Equizi, la concia e la Lega

Lettera aperta alla città

Le notizie pubblicate in questi giorni dai quotidiani fanno venire i brividi. Le indagini sul mondo della concia vicentina hanno conquistato la ribalta nazionale. L'imponibile, sul quale si sarebbe appoggiata l'evasione fiscale contestata, ammonta a spanne, sempre secondo i quotidiani, a 1,5 miliardi di euro. Le imposte evase che costituiscono l'oggetto della caccia degli inquirenti hanno ormai superato l'ordine del centinaio di milioni di euro. E la storia, secondo gli stessi inquirenti va avanti almeno dagli anni Ottanta. Ora però io mi domando: ma che diavolo ha fatto la politica in questi ultimi vent'anni? Ha vigilato? Ha scritto norme tali da limitare un fenomeno così pericoloso per l'economia pulita? Faccio notare che salvo una parentesi di 18 mesi il centrodestra governa a Roma ininterrottamente dal 2001.

In regione e in provincia il centrodestra governa da metà degli anni Novanta. E una delle chiavi di volta di questo sistema di potere è la Lega vicentina, nella quale ho militato e per la quale sono stata consigliere comunale a Vicenza sino al 2008. Ricordo che mi avvicinai al movimento perché sul finire degli anni '80 il Carroccio invocava pulizia nella pubblica amministrazione, la fine dello strapotere dei potentati economici, la necessità di una giustizia giusta che non guardasse in faccia a nessuno, questioni fiscali incluse. A vent'anni sì e no dall'entrata del Carroccio nei palazzi del potere romano la storia ha preso un'altra piega e la Lega si è trasformata nel cane da guardia nordista dell'establishment; è divenuta una sorta di valvola di sfogo per esigenze e pressioni che il territorio continua ad esprimere perché comunque si tratta di istanze incomprimibili; anche se strumentalizzate da politicanti di scarso spessore.

I fatti di oggi dimostrano che i legislatori, come gli amministratori locali, in tutti questi anni non hanno voluto o saputo mettere mano ad un malaffare del quale tutti, chi più chi meno, parlavano. Ricordo bene che da semplice militante la questione "concerie" divenne subito un tabù anche dalle parti del Carroccio. Forse perché è dalle parti dei padroni del vapore che sta il potere reale? I fatti di queste settimane mi fanno rispondere affermativamente a questa domanda. Rispetto a questo discorso non vanno però ignorate le responsabilità del centrosinistra che quando va bene pigola e quando va male inciucia. Ed uno dei motivi del grande silenzio, o quasi, che aleggia in casa Pd, dipende proprio da circostanze del genere; circostanze che assomigliano alla vicenda Cis, tanto per dirne una.

Ma ciò che veramente potrebbe destare curiosità in un osservatore esterno è l'omertà de facto che caratterizza ogni protagonista della Vicenza di questi ultimi anni. Ciò che gli inquirenti sono venuti a sapere, almeno stando ai quotidiani, è saltato fuori da verifiche fiscali. Non una denuncia penale, non un esposto, non una azione civile, salvo qualche rara eccezione, da parte di politici, sindacalisti, lavoratori, associazioni. Sopra il Vicentino, l'ho detto in mille modi da consigliere comunale, ristagna una «omertà di stampo mafioso». Non a caso uso le parole che un vecchio capo della procura della repubblica di Vicenza (Gianfranco Candiani) usò poco prima che lasciasse l'incarico in una Vicenza che da anni vede accadere fatti strani come l'omicidio eccellente dell'avvocato Pierangelo Fioretto, sino al coinvolgimento del chiacchieratissimo Carlo Valle nell'inchiesta Cassiopea.

In ragione di tutto ciò io non riesco a spiegarmi quindi il perché di alcune strane affermazioni come quelle pubblicate il 19 giugno 2010 sul Corriere Veneto a seguito delle rivelazioni sul caso Reset: «Quando su un distretto di 450 aziende medio-piccole e 120 industrie si hanno 77 società coinvolte nell’evasione, vuol dire che è un fenomeno macroeconomico. Potrebbero esserci risvolti occupazionali dopo l’estate». Sono le parole di Antonio Bertacco segretario regionale Uil-Uilcem. Fa specie che un sindacalista si esprima così. Delle tre l'una. O Bertacco si è espresso malissimo, ma sino ad ora non si è corretto. O smentisce il Corriere, ma finora non lo ha fatto; oppure il suo è un messaggio anomalo per l'opinione pubblica e magari per gli investigatori. Come a dire, "guardate che se andate troppo a fondo nelle indagini mandate a fondo il comparto e i lavoratori". Una sorta di ricatto occupazionale che mi auguro sia solo il parto della mia fantasia. Ma è mai possibile che dentro l'animo dei vicentini non esista un barlume di rivalsa rispetto ad una situazione di servaggio (il caso Dal Molin docet) cui assistiamo da tempo? Ecco perché da anni non sono più iscritta alla Lega anche se della Lega ho conservato lo spirito dei primissimi anni, quello che si è smarrito in qualche bottale da concia, in qualche conto corrente o nei cassetti di qualche consulente fiscale molto attivo sul fronte delle società fiduciarie.

Franca Equizi
ex consigliere comunale leghista di Vicenza

francaequizi@libero.it; 338-4644442
VICENZA, 22-GIU-2010

link originario: http://www.lasberla.net/index.php/2010/06/equizi-la-concia-e-la-lega/

domenica 20 giugno 2010

I legami nascosti

Fa piacere che i politici vicentini sollecitati nel mio post del 17 giugno (pubblicato su LaSberla.net) abbiano in qualche maniera dato una risposta. Si vedrà nei giorni a venire se la loro azione sarà coerente e costante. Ci sono però alcuni aspetti che vanno approfonditi circa le "liaisons dangereuses" tra il mondo politico, gli imprenditori (evasori per loro stessa ammissione) e i consulenti accusati dalla magistratura.

BONADEO E STEFANI. Sul Corriere Veneto del 18 giugno il deputato leghista Stefano Stefani nega di avere sottoscritto una interpellanza parlamentare con la finalità di bloccare la procura berica. Ha ammesso però di conoscere il consulente fiscale Vittorio Bonadeo (ai domiciliari) da ben quarant'anni. Ma Bonadeo, un semplice ragioniere non iscritto all'albo dei commercialisti, ha sempre fatto di mestiere il consulente fiscale e il revisore dei conti? È vero che Bonadeo prima di aprire il suo studio era stato un sottufficiale della GdF? Vi sono stati contatti tra Stefani e Bonadeo mentre quest'ultimo era in forza alla guardia di finanza?

Ma ci sono altre domande cui bisognerebbe rispondere. Durante gli anni passati vi sono stati rapporti tra Bonadeo e il finanziere a riposo Luigi Giovine? Quest'ultimo, è bene ricordarlo, è l'ex comandante delle fiamme gialle arzignanesi; è uno dei principali indagati nell'ambito della inchiesta sulla concia. Ed è l'indagato che ha scontato il più lungo periodo di custodia cautelare in carcere. Per di più Giovine è ancora ai domiciliari.

FILIPPI E GIOVINE. In questo contesto sarebbe bene interrogarsi su come si collocano i contatti che lo stesso Giovine stabilisce con un altro leghista, il senatore berico Alberto Filippi. Più precisamente la domanda da porsi è: a che titolo Giovine contatta Filippi con una telefonata avvenuta nel dicembre 2009? Il tutto è riportato sul GdV del 15 Febbraio 2010 a pagina 13. In quella telefonata Giovine sembra fissare un appuntamento tra il senatore del Carroccio e il faccendiere Andrea Ghiotto, altro volto eccellente dell'inchiesta "pelle sporca". Ma perché per fissare un appuntamento tra i due occorre il tramite di Giovine visto che per anni Filippi è stato sponsor della società sportiva guidata da Ghiotto? Tra i due non dovrebbe esserci una normale conoscenza? È vero che l'aiuto di Filippi viene richiesto solo per un possibile acquisto da parte dello stesso leghista della società sportiva di Ghiotto (il Grifo Arzignano, una squadra di calcio a cinque)? Si può invece ipotizzare che Ghiotto, col tramite di Giovine, cerchi un contatto con Filippi in forza delle entrature che il senatore potrebbe avere presso alcuni gangli delle istituzioni? Magari per cercare una via di fuga per i guai con la legge all'orizzonte dello stesso Ghiotto?

FILIPPI, STEFANI E BONADEO. In seno agli equilibri del Carroccio veneto infatti da anni Filippi fa parte, più o meno organicamente, della corrente di Stefani. Questa circostanza però dovrebbe essere collocata in un contesto più ampio. Gli stralci di intercettazione pubblicati dal Corveneto (7 giugno 2010; edizione di Vicenza, pagina 2) sono eloquenti. Gli inquirenti registrano infatti una conversazione tra due indagati ecellenti della inchiesta “Reset”. Si tratta di Bonadeo e Mario Pietrangelo. I due non solo parlano di legami da utilizzare per bloccare l'inchiesta grazie ad un aiuto «politico». Bonadeo va oltre e dice: «... pensa che Maulucci l’ho mandato io ad Arzignano».

Ora se ciò che dice il ragioniere è vero, in che guisa il titolare di uno degli studi contabili più noti della città, ha potuto determinare assetti e organigrammi in seno alla Agenzia delle Entrate? È possibile pensare che lo stesso modus operandi sia stato utilizzato da altri soggetti per determinare assetti, organigrammi e comportamenti di altri importanti pezzi delle istituzioni? Di più; quando Bonadeo dice «Ti metto in contatto... con... il mio addetto stampa» che vuole intendere? Significa che Bonadeo ha un vero e proprio addetto stampa? Significa che Bonadeo ha un giornalista del suo giro in qualche quotidiano locale? O addetto stampa sta per politico di riferimento?

STRANI ARTICOLI. L'affermazione è comunque strana perché quando Il Giornale di Vicenza dà la notizia della interpellanza parlamentare che sarebbe stata confezionata per ostacolare la procura berica, omette (non si sa se volontariamente o meno) di indicare Stefano Stefani tra i firmatari. Per giunta il pezzo che contiene la strana svista è pure senza firma. Il che lo dovrebbe far considerare opera dello stesso direttore. Sempre che l'articolista abbia omesso volontariamente la sua firma per evitare di lasciare una traccia dalla quale si sarebbero potute scatenare polemiche. Magari tra procura e GdV?. Chi è quindi il vero autore (singolo o plurimo che sia) di quel pezzo senza firma ma non senza padrone? Allo stato non ci sono riscontri precisi. Almeno stando a quanto si legge sui quotidiani locali.

Marco Milioni
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venerdì 18 giugno 2010

«Bisogna intervenire dal punto di vista politico e fermare la procura»

Il 13 marzo i finanzieri intercettano una conversazione tra i commercialisti Vittorio Bonadeo e Mario Pietrangelo nel corso della quale si parla della punibilità dei reati sui quali indaga la Finanza e si «fa riferimento a iniziative volte a intralciare le indagini della Finanza con interventi da effettuare nei confronti del Maggiore Paolo Borrelli, comandante del nucleo di polizia tributaria». Inoltre i due fanno riferimento «a contatti con parlamentari per la presentazione di interpellanze e di richieste al Ministro della Giustizia di ispezioni all’ufficio di Procura di Vicenza».

Bonadeo: Sai che dopo i 75 anni non possono arrestarti, no?

Pietrangelo: Si va beh ma non è questo... chi vuoi che arrestino anche per queste robe qua?
B: Nooo!

P: Se no devono arrestare me... mezza... mezza Vicenza! (....) P: Ma da te son passati alla mattina alle sei? Perquisizione? Cosa vai a perquisire? Cosa vuoi trovare? Sti coglioni qua! Che poi han trovato... robe che... tra l’altro sapevo... robe del 2002!

B: Che è pure prescritto!
P: Sì dovrebbe essere... anche perchè... ma non solo questo...

B: Ma poi c’è l’indulto fino al 2002. (...) B: Dimmi una co... va beh... lasciamo stare questa cosa... io vado via una settimana, poi quando torno ci vediamo con calma!

P: Va beh, adesso vedo come...
B: Ti metto in contatto... con... il mio addetto stampa! (...)

P: ...quindi qualcuno dovrebbe intervenire anche lì dal punto di vista politico... per dirlo

B: Sai che io ho fatto un’interrogazione parlamentare... vuoi che te la mandi?
P: no no tanto... (incomprensibile) Qui a livello nazionale non... invece è a livello locale che conta...

B: no no no... contro Salvarani (il procuratore capo di Vicenza, titolare dell’inchiesta, ndr)... Il Ministro si era impegnato a mandare gli ispettori (incomprensibile) fa delle cose... inimmaginabili! e bisognerebbe attaccarlo!

Nel corso della stessa conversazione intercettata dalla guardia di finanza, i due commercialisti commentano anche alcuni articoli di giornale che riportavano la confessione resa da Vito Maulucci, direttore pro tempore dell’Ufficio di Arzignano dell’Agenzia delle entrate, che ha ammesso di aver intascato le mazzette. Sulla stampa si faceva riferimento al fatto che a versare le tangenti erano alcuni commercialisti di cui Maulucci aveva fatto i nomi.

Pietrangelo: Chi è che è da prendere, secondo te?

Bonadeo: Bisogna prendere un avvocato del... circolo (degli indagati, ndr) che loro poi si comunicano tutte le notizie con le carte! mi hai capito?
P: Ma no, ma noi... siamo citati come?

B: Ma che... e... siamo... 6... 7.... professionisti che facevamo da tramite! comunque a loro...
P: Ma io ho avuto un caso solo, eh?! del 2002 B: Quello lì di Sacconi? P: Sì

B: E io ho... ho Maulucci!
P: Uhm?

B: ho Maulucci...
P: Si?

B: E sto coglione ha detto che io ho fatto... pensa che Maulucci l’ho mandato io ad Arzignano... ha fatto il mio nome!
P: Che stupido!

B: È proprio un coglione!
P: Però si parla di concussione invece che di corruzione

B: Infatti l’orientamento... è che siamo stati concussi...

da Il Corriere del Veneto del 17 giugno 2010; edizione di Vicenza, pagina 2

martedì 15 giugno 2010

Scenario Ghiotto

A Vicenza sembra che non sia successo alcunché. Eppure Il Corriere del Veneto di ieri ha provocato una mezza burrasca sulla politica berica. Il quotidiano infatti pubblica una clamorosa intervista ad Andrea Ghiotto, uno degli indagati più noti della vicenda che ha colpito il mondo delle concerie arzignanesi nonché alcuni uomini di spicco delle istituzioni beriche.

MR. FILIPPI. Ghiotto nel dettaglio prende di mira il senatore del Carroccio Alberto Filippi, il quale seppur descritto in termini assai bonari, viene accostato ad un meccanismo che sa molto di illecito. La domanda che il cronista Andrea Pasqualetto pone è secca: «Possibile che in questo sistema non sia mai entrato un politico?» La risposta non lascia spazio a molte interpretazioni: «L’unico è il senatore Alberto Filippi. La sua azienda, la Unichimica, era il primo sponsor del Grifo e dunque anche a lui restituivo gli imponibili con il sistema che ti ho spiegato prima (quello delle fatturazioni gonfiate o inesistenti, Ndr). L’ha fatto fino al 2003...». Che mazzata. Ora se Ghiotto dice il vero Filippi dovrebbe alcune spiegazioni, anche perché il leghista non copre solo la carica di senatore, ma pure quella di consigliere comunale a Vicenza, quindi il suo patrimonio in termini di etica dovrebbe essere quantomeno doppio. Se invece Ghiotto dice il falso allora non si capisce perché Filippi (o qualche suo avvocato sempre pronto a scrivere più o meno a vanvera ai giornali) non annunci urbi et orbi querela per diffamazione. Peccato che il Corriere Veneto non spieghi se il senatore leghista sia o meno indagato; ma credo che una domanda del genere possa essere tranquillamente girata al diretto interessato come alla procura della repubblica di Vicenza.

STRANEZZE DEMOCRATICHE. Tuttavia che cosa fa il centrosinistra nel frattempo? Io ricordo che uno dei leitmotiv del PD durante le regionali di primavera era stato il tiro al bersaglio contro il Carroccio: Lega razzista, Lega inadeguata, Lega rozza, Lega nemica dell'unità del Paese e via dicendo. Chi non ricorda il fuoco di fila per la questione dei pasti negati presso una scuola di Montecchio Maggiore? Stavolta quindi dovrebbe andar peggio per la Lega. Comunicati stampa al vetriolo dell'onorevole vicentina del PD Daniela Sbrollini, interrogazioni al curaro del capogruppo del PD in sala Bernarda Federico Formisano, dispacci al polonio del coordinatore cittadino Claudio Veltroni, precante giustizialiste di Silvano Sgreva, referente cittadino dell'IDV: qualcuno ha mai letto tutto ciò? Nulla. Silenzio assenso si direbbe. Forse perché Filippi è una tessera chiave del mosaico che ha portato amministrazione provinciale leghista e amministrazione comunale del capoluogo (a guida PD) ad inciuciare, nemmeno troppo sotto banco, nel nome di due contestatissimi centri commerciali tanto cari amici degli amici?

CONCIA MARCIA? Ma il pezzo di Pasqualetto pone un interrogativo ben più grande. Come hanno operato in questi anni gli operatori della concia nel comparto dell'Ovest Vicentino? La gran parte delle imprese si è mossa sul terreno della legalità o no? E come si comporterà Renzo Marcigaglia (Lega), presidente della municipalizzata arzignanese Acque Chiampo, dopo che è stato indagato dalla procura berica per corruzione? Giorgio Gentilin del Pdl, primo cittadino di Arzignano fa una difesa d'ufficio di Marcigaglia e difende anche a spada tratta gli imprenditori. Il suo pensiero è affidato ad una invettiva ripresa da Il Giornale di Vicenza del giorno 8 giugno 2010 a pagina 28. Nella sua presa di posizione il sindaco se la prende col suo predecessore Stefano Fracasso del PD: «Va bene impartire lezioni, va bene attaccare persone come l'attuale presidente di Acque del Chiampo, per una vicenda personale nella quale è stato, sino a prova contraria, come altri imprenditori della zona, vittima di un sistema che proliferava in città da anni. Erano i “suoi anni”, gli anni di Fracasso, nei quali schegge impazzite agivano al di fuori della legalità costruendo una rete parallela che metteva in difficoltà l'imprenditoria cittadina, dove la crisi del settore si faceva più evidente, dove il problema fanghi si ingrossava senza che la politica locale desse segnali». Per carità, sulle responsabilità politiche delle vecchie giunte arzignanesi si può e si deve discutere. Ma come si fa a dire che la vicenda di Marcigaglia è personale, vista la posizione che ricopre? Vi immaginate se fosse accusato di corruzione il "capo della municipalizzata di Stato ovvero l'Eni"? Ci direbbero che è una vicenda personale? Ci direbbero magari che è inutile andare per il sottile visto che l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha già patteggiato la corruzione? E poi Gentilin come fa a sapere che Marcigaglia è «vittima di un sistema che proliferava da anni»? E se proliferava da anni perché il centrodestra, prima opposizione, oggi maggioranza ad Arzignano, visto che lo sapeva, almeno considerando le parole del primo cittadino, non lo ha mai denunciato? Certo che poi Gentilin, al di là di una sintassi un po' difficoltosa (forse spia della difficoltà politica che attraversa la sua giunta) con le dichiarazioni rilasciate alla stampa finisce sempre per farsi male da solo. Nell'inverno del 2010 dichiarava (GdV dell'11 febbraio 2010, pagina 31) che l'affaire concia non investiva tutto il settore e che era semplicemente il risultato dell'opera «di un manipolo di avventurieri». A breve la stampa locale spiegava che c'era mezzo distretto sotto indagine. Sempre sul GdV dell'8 giugno Gentilin si esprime così: «schegge impazzite agivano al di fuori della legalità». Ora l'espressione schegge impazzite è sinonimo di pochi e ristretti soggetti, mentre il Corriere del Veneto di domenica lo smentiva alla grande. A questo punto, visto che col GdV Gentilin è un po' sfigato: o cambia giornale o cambia tono e contenuto delle dichiarazioni. Gli conviene.

GLI ENIGMI. Rimane il fatto che Ghiotto sul Corveneto dice alcune cose un po' enigmatiche: dice per esempio che ad Arzignano e dintorni è stato scoperto solo «il 60% del marcio» e che sono rimaste fuori «cose grosse, cose da milioni». Ma tutto ciò è vero? E la magistratura lo sa? Bene siccome Ghiotto non è uno che rilasci interviste a piè sospinto circa il suo status giudiziario, è lecito pensare che abbia accettato di farsi intervistare non solo per manie di protagonismo, che appartengono comunque all'uomo, ma che forse voleva fare arrivare un messaggio a qualcuno. Quando Ghiotto dice che sono rimaste al coperto cose grosse, vuole solo farsi bello davanti all'opinione pubblica, magari anticipando svolte che gli inquirenti già conoscono, o manda un messaggio trasversale che suona più o meno così: "guardate che se non mi coprite (dico a caso, Ndr) sul versante giudiziario o su quello dei soldi, spiffero dell'altro e stavolta puntando ben più in alto". È plausibile questa lettura? E la freccia avvelenata scoccata verso Filippi è una specie di vendetta mediatica a freddo o una sorta di deterrente per chi non volesse assecondare alcune richieste di Ghiotto, più o meno inconfessabili, note solo a pochissimi?

Frattanto su Il Giornale di Vicenza del 13 giugno 2010 è apparsa una strana pagina a pagamento nella quale figura un lungo comunicato di Renzo Marcigaglia presidente di Acque Chiampo spa. Siccome quest'ultimo è indagato per corruzione uno si aspetta che tutto quel popò di annuncio serva per spiegare ai cittadini la posizione dello stesso presidente il quale invece racconta cose di vitale importanza tra le quali: il nuovo sito aziendale, l'istituzione di due borse di studio presso l'istituto conciario Galilei e l'iniziativa di Moreno Morello di “Striscia la notizia” ingaggiato per spiegare agli arzignanesi come si risparmia l'acqua. Non si capisce però perché Marcigaglia non affronti i rilievi che gli pongono ad Arzignano e in regione in una discussione in consiglio comunale. E se per raccontare di Morello e del sito web ha bisogno di una intera pagina del GdV, per spiegare come mai non si dimette avrà bisogno di una pagina de La Repubblica, di Le Monde o del New York Times?

QUESTIONE MORALE E POLITICA. Sul tavolo della politica però rimane il tabù della questione ambientale. L'obbligo disposto dalla UE perché non siano conferiti più fanghi di conceria in discarica pesa come un macigno. Gli imprenditori non sono disposti a sobbarcarsi il costo di trattamenti divenuti più cari. Le spa intercomunali che gestiscono il problema non hanno soldi in cassa e comunque sarebbe poco consono alla situazione contingente se i problemi dei conciatori finissero ancora una volta a gravare sulle spalle dei contribuenti. Gentilin quando dice che durante le amministrazioni di centrosinistra «il problema fanghi si ingrossava senza che la politica locale desse segnali» dice una cosa vera. Ma forse non si rende conto che le amministrazioni locali contano poco al riguardo. Possono fare solo pressing politico. I pesi massimi nella gestione del problema sono provincia e soprattutto regione. I due enti sono da quasi vent'anni in mano al centrodestra; la regione per di più ha una potestà normativa quasi assoluta in materia ed è il soggetto che, d'accordo con i conciari, sino ad oggi ha autorizzato gli scarichi del comprensorio Agno-Chiampo nel fiume Fratta. Il tutto con una deroga alle norme regionali che definire mostruosa è poco. Se la concia vuole sopravvivere deve risolvere il problema dei fanghi anche perché le discariche sono quasi piene. C'è solo da sperare che la soluzione non sia l'inceneritore per fanghi della conciatura: ieri durante un'assise organizzata da Assindustria a Vicenza il presidente degli imprenditori berici Roberto Zuccato ha puntato molto sulla parola meritocrazia. I concetti di onestà e necessità di non evadere il fisco però non hanno trovato spazio nella sua lunga prolusione. Eppure l'affaire Arzignano è una questione maledettamente grossa in termini di numeri e credibilità. Nonostante questo Zuccato, persona per bene, non ha fatto un minimo di autocritica né un cenno alla bufera giudiziaria arzignanese. Il tutto mentre quasi di fronte a lui sedeva impassibile, quasi a mo' di convitato di pietra o di monito al futuro, Antonio Morelli, che in qualità di comandante provinciale delle fiamme gialle beriche è stato tra i protagonisti del disvelamento dell'affaire Arzignano. Un autogol del genere non me lo sarei aspettato, perché caro Zuccato la meritocrazia senza onestà è solo prevaricazione.

Marco Milioni
da www.lasberla.net del 15 giugno 2010
link originario: http://www.lasberla.net/index.php/2010/06/scenario-ghiotto/

lunedì 14 giugno 2010

Ellero e le intercettazioni



Un paio d’anni fa Tne mandò in onda una interessante puntata di Sapori e Dissapori condotta da Rosanna Sapori. Quest’ultima intervistava il professor Renato Ellero, ex senatore del Carroccio e giù ordinario di diritto penale all’università di Padova. Si parlava di intercettazioni...

LEGGI L'INTERO ARTICOLO

mercoledì 9 giugno 2010

I paladini a gettone

I giornali locali pubblicano la notizia che i comuni più «tagliati» dal governo saranno quelli veneti. Nume tutelare delle sforbiciate è il ministro dell'economia Giulio Tremonti (Pdl) che gode dell'appoggio incondizionato del Carroccio che si sa a Roma governa ed è in maggioranza. Passano ventiquattr'ore. Achille Variati (Pd), sindaco di Vicenza definisce la manovra «schifosa». Gli replica a muso duro, seppur indirettamente, Attilio Schneck (Lega) snocciolando i tagli virtuosi che lui ha apportato alla sua provincia, ente inutile per eccellenza, che è diventato utile quando il Carroccio si è accorto che nelle città è meno forte e che in provincia poteva trovare roccaforti elettorali e di clientele.

Intanto però Variati fa il paladino un tanto all'etto. Prima del no al Dal Molin e sappiamo com'è andata a finire. Poi dei tagli indiscriminati orditi da Lega & friends a danno del padanissimo Veneto. Peccato però che con quella stessa Lega, almeno a palazzo Nievo, Variati inciuci sottobanco per scambiarsi, come fossero figurine Panini, permessi per realizzare centri commerciali degli imprenditori amici degli amici: poco importa che questi si chiamino Alberto Filippi (Lega), Maltauro, Marchetti o Cestaro. Sempre amici degli amici sono.

La pensa così, o giù di lì, Franca Equizi ex consigliere del Carroccio che di trame leghiste se ne intende, la quale ha inoltrato un esposto di fuoco alla guardia di finanza berica. Oggetto del contendere proprio i centri commerciali al centro dell'inciucio Scneck-Variati denunciato anche dal deputato europeo Sergio Berlato del Pdl (non certo il kebapparo di Ponte Alto dove magari qualche volta s'è fermato l'ex assessore comunale Teo Quero).

Una vecchia regola del vero giornalismo americano è «follow the money», segui il denaro. Proprio in ossequio a questo adagio i quotidiani locali tacciono tutti la notizia dell'esposto al vetriolo di Equizi preferendogli la pseudo-notizia che forse Naomi Campbell si sposa in villa a Vicenza. Magari i vari direttori delle testate locali credono che la legge bavaglio sia già vigente e hanno disegnato le pagine dei loro fogli in autotutela. Chissà. Il parterre della politica berica però rimane lo stesso. E ormai è sfondato.

Variati sbraita e intanto anestetizza il suo elettorato mentre chi ha il potere vero si fa gli affaracci suoi a danno dei coglioni che si ingozzano del vocabolo democrazia. Schneck fa lo stesso nel nome di “paroni a casa nostra”. La Lega plaude le norme antievasione del «suo» Tremonti; latra e sputacchia contro il sud corrotto ma sta zitta quando ad Arzignano il «suo» Renzo Marcigaglia (presidente della spa intercomunale per la gestione dell'acqua) finisce indagato per corruzione. Un maiale cade dal sesto piano: speck. L'edificio era abusivo, il maiale infetto, lo speck acquistato in nero. E i paladini meccanici funzionano a gettone.

Marco Milioni
link originario: http://www.lasberla.net/index.php/2010/06/i-paladini-a-gettone/

martedì 8 giugno 2010

La questione cattolica

Ho atteso un po' di giorni dalla fine del Festival Biblico, che Vicenza ospita ogni anno perpetuando la sua fama, ormai anacronistica, di sacrestia d'Italia, per esprimere un commento. Quest'anno il tema era alquanto ruffiano e chiaramente orientato: l'ospitalità, che in realtà era un termine neutro per parlare di immigrazione in chiave solidarista, cioè anti-leghista (siamo nel Veneto del fortissimo Zaia). Scelta del tutto legittima, sia chiaro. Anzi, ha avuto il merito di togliere la muffa libresca e sacrale che appesantiva col suo carico di noia una kermesse di preti con e senza tonaca, e questa volta persino punteggiata di momenti di interesse oggettivo, come l'illuminante convegno del grandissimo Franco Cardini sull'Islam. Ma noi sogniamo un festival in cui una buona volta si affronti la vera questione cattolica. Che non si identifica, come di primo acchito si può pensare, col problema dell'ingerenza ecclesiastica nella vita civile del Paese.

Certo, con buona pace delle eminenze (e dello stesso pontefice) che negano una permanente, costante e ubiqua intromissione del clero nella cosa pubblica, la Chiesa non si lascia scappare occasione di far presente alla secolarizzata società italiana che essa c’è e combatte in mezzo a noi. Ma questo può dar fastidio agli anticlericali, agli Aldo Busi, ai Curzio Maltese, all’ateismo militante, alle ultime femministe di complemento. Non a noi, che pur essendo laici non ci scandalizziamo nell’accettare come compiuto il fatto che i preti facciano politica, a favore sia della destra sia della sinistra (perché ci sono anche gli Alex Zanotelli, i don Gallo e i don Vitaliano, ricordate?). Ma, ripetiamo, non è questo il punto che vogliamo porre. Il presidente della Cei Angelo Bagnasco, in piena campagna elettorale per le regionali, in una plateale scomunica della Bonino candidata in Lazio parlò, vivaddio, di “valori non negoziabili”. Avrebbe fatto bene a stare zitto, visto il marcio che sta venendo fuori anche dalle parti del Vaticano in relazione alle inchieste su Anemone e amici? Forse sì. Ma resta intatto il valore di un richiamo al bisogno di elevarsi dal fango e dalla mediocrità della nostra vita pubblica.

Bagnasco, infatti, si scagliava contro la fede abortista della radicale Bonino. L’aborto, per un laico, è una conquista civile (che un cattolico può liberamente rifiutare), ma opporsi ad esso è pur sempre una scelta di alto spessore etico. Ciò che non torna, e veniamo al nocciolo della questione, è quello che manca, nelle ricorrenti esternazioni degli insigni prelati. Perché non si invoca con la stessa fermezza la “non negoziabilità” di un altro valore che è, si direbbe in teologia, consustanziale a quello che fonda il cristianesimo stesso, l’amore, e cioè la gratuità? Perché i vescovi, quando ricordano al loro gregge le tre virtù cardinali (fede, speranza, carità), non dicono apertamente che esse sono inconciliabili con la demoniaca sete di profitto che anima la modernità industriale e finanziaria, causa prima della scristianizzazione vittoriosa? Perché non sentiamo parole altrettanto forti e chiare di condanna nei confronti di un sistema economico e sociale che espianta alla radice dalle coscienze individuali la possibilità stessa che si scelga in base a ideali, slegati dal calcolo, dalla convenienza, dall’equiparazione di ogni cosa col metro del denaro? Questo, appena abbozzato, è il problema dei cattolici nei riguardi della modernità. Una colossale, e colpevole, rimozione che vale non solo per l’Italia, ma in tutto il mondo occidentalizzato. Bagnasco, lascia perdere la Bonino, e affronta l’ombra con cui voi cattolici non volete fare i conti.

Alessio Mannino
link originario:
http://www.lasberla.net/index.php/2010/06/la-questione-cattolica/

Esposto di Equizi

AL COMANDO PROVINCIALE DELLA GUARDIA DI FINANZA DI VICENZA E AI RELATIVI DELEGATI ALLE ATTIVITÁ DI POLIZIA GIUDIZIARIA
FAX: 0444-324042

OGGETTO: CIS MONTEBELLO, ESPOSTO URGENTE

Io sottoscritta Franca Equizi, nata il 17-09-1958 a Vicenza e ivi residente in strada Lobia 205, invio ai VS. uffici il presente esposto per segnalare quanto segue.

Da una decina d'anni e più è in corso l'iter amministrativo per realizzare nel comune di Montebello Vicentino un centro intermodale logistico il quale ha lo scopo, tra gli altri, di favorire l'interscambio delle merci tra container ferroviari e autotrasporto su gomma. La compagnia che si prefigge tale obiettivo è la Cis spa, una società berica a prevalente capitale pubblico tra gli azionisti della quale figurano la provincia di Vicenza, il comune di Vicenza, la Camera di Commercio di Vicenza, la società autostradale Brescia Padova, la Banca Popolare di Vicenza assieme ad altri. Originariamente, a quanto mi risulta (si veda Il Giornale di Vicenza del 12 ottobre 2003 in pagina 11), l'ipotesi progettuale della struttura prevedeva la realizzazione della stessa su di un comparto di piano pari a 500.000 metri quadri (circa metà in possesso di Cis spa, l'altra metà circa in possesso di soggetti privati). Sempre in origine, a quanto mi risulta, l'accordo tra gli enti era quello di non procedere con alcun altro tipo di edificazione qualora il centro merci non fosse stato realizzato.

Riporto di seguito alcuni fatti, menzionati pure sulla stampa locale, in merito alla cosiddetta vicenda Cis-Montebello; fatti la cui lettura rimane abbastanza oscura:

1. la lunghezza dell'iter amministrativo, cominciato nel 1998;

2. la vicenda in ragione della quale, a quanto mi risulta, diversi anni fa (quanto meno prima del 2003, vedasi Il Giornale di Vicenza del 12 ottobre 2003; pagina 11) la famiglia Rizzi ha acquistato i terreni dagli agricoltori della zona all'approssimarsi della decisione di Cis spa di volere realizzare l'interporto nell'area prefigurata;

3. la pervicace volontà da parte degli enti locali coinvolti nella querelle di non mutare gli strumenti urbanistici di competenza in modo da rendere possibile l'esproprio delle aree prese in considerazione dai progetti di massima redatti da Cis spa;

4. la trattativa, che ha avuto risalto sulla stampa, per la cessione dei circa 250.000 metri quadri di terreni di parte privata dalla famiglia Rizzi alla famiglia del senatore Alberto Filippi (per il tramite, a quanto mi risulta, di una delle azienda di famiglia, la A99; per questa ultima fattispecie si veda Vicenza Più numero 180 del del giorno 30 gennaio 2010, pagina 3);

5. la volontà, come riferito peraltro dal consigliere regionale Pietrangelo Pettenò in una interrogazione depositata il 28 maggio 2010, dei comuni di Montebello e limitrofi ad aprire la strada, mediante lo strumento urbanistico del Pati, ad un utilizzo anche commerciale (con conseguente valorizzazione fondiaria) dei terreni, anche privati, interessati al progetto Cis (http://www.vicenzapiu.com/?a=comunicati&o=6535);

6. la volontà con la quale la provincia ha da parte sua, in sede di Ptcp, aperto la strada alla possibilità di insediare superfici anche commerciali nelle aree previste per il Cis;

7. la circostanza rispetto alla quale Cis spa, come riportato dai media, ha deciso di acconsentire ad uno scambio alla pari, tra il comparto di sua
proprietà, dislocato nei terreni di valore vicini alla statale 11 e quelli della famiglia Filippi, dislocati in area di minor pregio perché a ridosso
della ferrovia (si veda Il Giornale di Vicenza del 5 giugno 2009 a pagina 13; interrogazione dei consiglieri comunali di Vicenza Maurizio Franzina e Giovanni Rolando);

8. la circostanza (che a parer mio desta molta perplessità) in ragione della quale il comune di Vicenza nella persona del sindaco pro-tempore, socio di Cis, non abbia mai criticato in questi anni (indipendentemente dal colore politico di giunta e maggioranza) le scelte del management di Cis spa e della provincia, tutte tese, secondo me, ad avallare una solare speculazione edilizia;

9. la sospetta “combine” tra giunta provinciale e comunale denunciata da personalità politiche vicentine di primo piano (http://www.vicenzapiu.com/?a=comunicati&o=6465); il silenzio sospetto della giunta del comune di Vicenza sul caso Cis. Tale silenzio del sindaco berico Achille Variati potrebbe essere interpretato come una sorta di ricompensa da parte della provincia la quale infatti ha recentemente autorizzato la possibilità di realizzare un maxi insediamento commerciale in zona Vicenza Est; tale ipotesi di piano è propugnata da Vicenza Futura spa (che fa riferimento in primis ai gruppi Maltauro e Unicomm) ed è già delineata, con la benedizione della giunta municipale, nel nuovo strumento urbanistico del comune di Vicenza, il Pat.

Rispetto ai nove punti citati sopra appare evidente che la ratio di una parte della operazione possa essere la volontà di creare un grandissimo plusvalore per il possessore della parte privata del comparto Cis. Tale prospettiva è suffragata dai rilievi alla operazione mossi dal parlamentare europeo Sergio Berlato (http://www.vicenzapiu.com/?a=comunicati&o=6324) nonché dalle liason poco chiare tra la società Arco (incaricata di portare avanti l'ipotesi del polo logistico in tandem con Cis spa) e l'imprenditore Rino Mario Gambari (l'analisi è riportata su Vicenza Più del 30 gennaio 2010:
http://www.vicenzapiu.com/?a=inchiesta&o=3030).

Proprio Gambari figura tra gli azionisti di peso della società autostradale "Serenissima". Il Corriere del Veneto del 5 maggio 2010 (http://www.vicenzapiu.com/?a=inchiesta&o=3030) ipotizza uno scenario in cui il presidente di Brescia Padova Attilio Scneck (presidente della provincia di Vicenza la quale è tra i primi soci di Cis spa) chiede l'aiuto di Gambari per avere la riconferma a presidente della compagnia che gestisce la A4.

È ragionevole quindi, alla luce dei fatti sopra esposti, ipotizzare anche un comportamento assai benevolo di Schneck verso una ipotesi di maxi centro commerciale al posto o al fianco del Cis, quando nel cda della Arco srl (si cita Vicenza Più) figura tal «Giovanni Gambari, 29nne rampollo... della famiglia di Rino Mario Gambari, il maggior socio privato della società autostradale Serenissima Brescia-Padova»? Non da ultimo va anche considerato che la magistratura contabile (lo riferisce Il Giornale di Vicenza del 19 aprile 2009 a pagina 17) ha aperto un fascicolo in relazione allo stato dei bilanci di Cis spa.

E ancora, è stupefacente la previsione di Carlo Rizzotto; l'ex coordinatore provinciale dell'Idv di Vicenza infatti già il 16 aprile 2009 sul blog LaSberla.net aveva anticipato “l'inciucio”: «... Poiché una eventuale autorizzazione al centro acquisti passerebbe anche per il voto della provincia, non vorrei mai che il silenzio della giunta Variati sulle vergogne del caso Cis, sia semplicemente merce di scambio per ottenere da palazzo Nievo, magari in sede di discussione del nuovo piano territoriale provinciale, il Ptcp, un ok proprio al centro acquisti di Vicenza Est. Sarebbe uno scandalo
(http://www.lasberla.net/2009/04/cis-pressing-dellidv-su-variati/;
http://supporto01.blogspot.com/2010/05/attilio-e-achille-inciucio-mille.html, Nde)».

In ragione di quanto segnalato chiedo ai VS. uffici di valutare ogni eventuale profilo di illiceità (inclusi gli aspetti penali) rispetto alle circostanze da me descritte. Chiedo inoltre ai VS. uffici di prendere in considerazione l'ipotesi di acquisire i tabulati del traffico telefonico tra le utenze de:

-a- l'attuale presidente della provincia e le società riferibili alla famiglia di Alberto Filippi
-b- l'attuale sindaco di Vicenza e il presidente della provincia
-c- l'attuale sindaco e le società riferibili alla famiglia di Alberto Filippi
-d- l'attuale (nonché il precedente) sindaco di Montebello e le società riferibili alla famiglia di Alberto Filippi
-e- l'attuale presidente di Cis spa e le società riferibili alla famiglia di Alberto Filippi
-f- il delegato o i delegati a seguire gli interessi della famiglia Rizzi e le società riferibili alla famiglia di Alberto Filippi
-g- l'attuale presidente della provincia e elementi di spicco del Gruppo Maltauro
-h- l'attuale sindaco di Vicenza e elementi di spicco del Gruppo Maltauro

Si chiede inoltre di valutare la possibilità di vagliare con attenzione (tramite le opportune procedure) gli effettivi costi sostenuti da Cis spa per acquisire i terreni di sua pertinenza prima che questi fossero permutati con quelli di pertinenza della famiglia Filippi. Si chiede inoltre di vagliare anche il costo reale di acquisto dei terreni afferenti l'area Cis avendo cura di stabilire il prezzo preciso al metro quadro (nonché la somma globale) con cui la famiglia Rizzi avrebbe venduto i suoi lotti alla A99 della famiglia Filippi. Si chiede anche di esperire analogo controllo nella compravendita posta in essere tra i vecchi proprietari terrieri e la famiglia Rizzi. In ultimo si chiede di valutare l’opportunità di verificare l'esistenza di trasferimenti bancari, affini od assimilabili, tra i soggetti indicati dal punto "a" al punto "h".

Si segnalano qui di seguito alcuni link sul web che contengono materiale informativo a supporto di quanto descritto sino ad ora:

http://www.lasberla.net/wp-content/uploads/2010/05/erle-gdv1.pdf
http://www.lasberla.net/wp-content/uploads/2009/04/cis.pdf
http://www.lasberla.net/2009/04/cis1-equizi-%C2%ABinterporto-zanchetta-si-dimetta%C2%BB/
http://www.lasberla.net/2009/09/%C2%ABe-stata-una-scelta-antieconomica%C2%BB/
http://www.lasberla.net/wp-content/uploads/2009/04/ascom.pdf
http://www.lasberla.net/2009/04/cis-pressing-dellidv-su-variati/
http://supporto01.blogspot.com/2010/05/attilio-e-achille-inciucio-mille.html

Si rammenta tra l'altro che avendo io ricoperto fino al 2008 (e per due consiliature) la carica di consigliere comunale la mia azione politico-ispettiva è stata esercitata anche nei confronti della cosiddetta vicenda Cis-Montebello. Pertanto (nonché in forza di quanto evidenziato finora) sono disponibile a riferire ai VS. uffici quanto riteniate opportuno, se e quando riterrete opportuno.

Per tale eventualità sono rintracciabile al numero 338-4644442.

In fede Franca Equizi; data 07 giugno 2010

Cis e Vicenza Est, esposto di Equizi alla GdF

Attilio Schneck, Achille Variati, il senatore leghista Alberto Filippi, big della finanza del Nord come Rino Gambari. Sono solo alcuni dei nomi finiti in un esposto di Franca Equizi, ex consigliere comunale a Vicenza, in relazione alla vicenda che due settimane fa ha portato la provincia berica ad autorizzare due grosse strutture di vendita, una in seno al previsto interporto di Montebello, l'altra nel quadrante orientale del capoluogo palladiano. La segnalazione di Equizi è stata inviata ieri alla Guardia di Finanza di Vicenza e nel documento si invoca una sfilza di controlli: dai tabulati telefonici alla sussistenza di eventuali trasferimenti in denaro tra soggetti istituzionali e non, sino allo screening sui costi effettivamente sostenuti per acquisire la parte privata nel comparto del centro merci previsto proprio a Montebello Vicentino.

L'ANALISI. Nero su bianco Equizi ricostruisce la sua visione d'insieme. L'ex consigliera punta l'indice sull'interporto di Montebello. La struttura, ancora oggi sulla carta, era stata pensata come grande interporto che doveva favorire lo scambio delle merci dalla ferrovia alla gomma. Gli anni sono passati, le sofferenze della società Cis spa sono arrivate ad una dozzina di milioni di euro sempre garantiti da fidejussioni in capo ai soci (tra questi quelli di maggior peso sono provincia, comune, camera di Commercio, Brescia Padova e altri). Ma l'aspetto che più preoccupa l'ex consigliere riguarda «una mega speculazione edilizia che si prepara all'orizzonte dopo che la famiglia dell'onorevole leghista Alberto Filippi è entrata in possesso di metà degli appezzamenti di terreno» che compongono il comparto su cui è previsto il centro merci: poco più di 500.000 metri quadri.

CAMBI D'USO. Non a caso le modalità con le quali la provincia ha detto sì alla possibilità di un centro commerciale di 80.000 metri quadri proprio sui terreni del Cis ha fatto gridare al conflitto di interesse un pezzo del mondo politico vicentino che va a settori del Pd sino a settori del Pdl. Il presidente della provincia Attilio Schneck infatti milita nello sptesso partito di Filippi. Quest'ultimo è stato accusato in vario modo di avere avuto una imponente valorizzazione patrimoniale sfruttando «i gangli della politica». Ma a questa polemica se n'è aggiunta una seconda. Per mesi infatti il comune di Vicenza, che secondo Equizi avrebbe avuto ragione di lamentarsi per la gestione della vicenda Cis da parte della provincia, è rimasto in silenzio. Almeno per la parte che riguarda la maggioranza di centrosinistra assieme al primo cittadino Achille Variati del Pd. Una circostanza che ha fatto gridare all'inciucio la corrente che nel Pdl fa riferimento al parlamentare europeo Sergio Berlato, quando la provincia ha detto sì ad una proposta sponsorizzata proprio da Variati tesa ad autorizzare la realizzazione di un altro maxi centro commerciale vicino al casello di Vicenza Est. L'iniziativa, che è propugnata da un gruppo di imprese capeggiate dalla Maltauro, in consiglio comunale è vista come un regalo ai privati da settori dell'opposizione di centrodestra come da da pezzi della sinistra alternativa. «Siamo arrivati all'assurdo - ha dichiarato ieri Equizi - per cui in comune la Lega e Pdl dicono no al centro commerciale a Vicenza Est, mentre in provincia lo stesso schieramento è favorevole. Questa storia puzza di inciucio».

LE RICHIESTE. Per la verità Equizi, che quando sedeva sui banchi del consiglio ha sempre condotto una dura battaglia contro il Cis, nel suo esposto non fa altro che mettere in ordine rispetto agli eventi delle ultime settimane corroborando la sua segnalazione con dati, riferimenti, richiami e cifre. Il tutto viene poi distillato in una serie di richieste indirizzate alla polizia giudiziaria della Guardia di Finanza alla quale viene pure domandato di valutare l'acquisizione dei tabulati del traffico telefonico tra «l'attuale presidente della provincia e le società riferibili alla famiglia di Alberto Filippi... tra l'attuale sindaco e le società riferibili alla famiglia di Alberto Filippi... tra l'attuale sindaco di Vicenza ed elementi di spicco del Gruppo Maltauro...». E ancora: «Si chiede inoltre di valutare la possibilità di vagliare con attenzione (tramite le opportune procedure) gli effettivi costi sostenuti da Cis spa per acquisire i terreni di sua pertinenza prima che questi fossero permutati con quelli di pertinenza della famiglia Filippi. Si chiede inoltre di vagliare anche il costo reale di acquisto dei terreni afferenti l'area Cis avendo cura di stabilire il prezzo preciso al metro quadro (nonché la somma globale) con cui la famiglia Rizzi avrebbe venduto i suoi lotti alla A99 della famiglia Filippi...»

SCIARADA AUTOSTRADALE. Tuttavia nell'esposto si va oltre. L'ex consigliera partendo proprio dal coinvolgimento nell'affaire Cis di alcuni familiari di Rino Gambari (tra i grossi azionisti della Brescia Padova) tira una bordata a Schneck ipotizzando una sua condotta favorevole al centro commerciale a Montebello proprio per avere l'appoggio di Gambari quando l'assemblea dei soci della "Serenissima" dovrà rinnovare la nominda del presidente a metà giugno. Ma l'ultima chicca Equizi se la riserva su un fronte ancora diverso. Nella missiva indirizzata alla Guardia di Finanza si chiede infatti controllare eventuali trasferimenti di denaro tra i soggetti citati nell'esposto. «Ho inviato quest'ultimo alle fiamme gialle di Vicenza via fax - Spiega Equizi - a breve depositerò il tutto anche di persona. E se mi vorranno sentire io sarò ben lieta di presentarmi al comando».

Marco Milioni
da www.lasberla.net del giorno 8 giugno 2010
link originario:
http://www.lasberla.net/2010/06/cis-e-vicenza-est-esposto-di-equizi-alla-gdf/

venerdì 4 giugno 2010

Da Gaza alla II Guerra

La storia della II guerra mondiale deve essere riscritta. In sintesi. Hitler e Mussolini sono stati ampiamente finanziati da un gruppo di multinazionali americane. È famoso il pubblico ringraziamento fatto in lingua inglese di Mussolini all'America per l'aiuto ricevuto. Le prove documentali sono abbondanti. Ma è sopratutto il regime nazista ad essere una creatura degli Stati Uniti: direttamente o tramite le consociate tedesche, le multinazionali americane hanno ricostruito militarmente l'esercito nazista ed i suoi servizi segreti. Hitler come Saddam: prima alleato e poi spinto su un binario morto.

In questo contesto va collocato il genocidio degli ebrei: gli Stati Uniti avevano già deciso la costituzione dello stato di Israele, fondamentale base di controllo sul medio oriente ricco di petrolio. Era necessario popolarlo e questo poteva essere fatto solo mediante un trasferimento forzoso di abitanti di religione ebraica dalla vicina Europa. Era un operazione non facile per due motivi, la forte integrazione degli ebrei nell'ambito nazionale (sopratutto i tedeschi ed i polacchi) e l'avversione di una parte importante degli abrei alla costituzione artificiale di uno stato per motivi di ortodossia religiosa. E' qui che entra in gioco la componente sionista strattamente alleata con la cupola finanziaria nordamericana. Da una persecuzione degli ebrei in Europa si sarebbe ottenuto un flusso di emigranti forzati verso la palestina e dall'altra verso gli Stati Uniti. All'interno di questa logica criminale l'Europa è stata privata di una componente fondamentale del suo sviluppo storico, intellettuale ed economico, il popolo ebreo. Gli Stati Uniti hanno "prelevato" dall'Europa i migliori cervelli per il loro dominio. Solo così si spiega il fatto che le fabbriche amricane di Ford, GM producevano motori e mezzi militari per i nazisti sul suolo tedesco ed utilizzando come schiavi i prigionieri dei campi di concentramento. La IBM assisteva con le sue macchine ed i suoi tecnici la gestione dei campi di concentramento e dell'intero apparato repressivo nazista. AlcinI capi sionisti hanno trattato direttamente con i repressori nazisti per "selezionare" chi doveva emigrare e chi doveva rimanere. Evidentemente gli ebrei integrati ed assimilati e restii ad emigrare erano destinati alla morte. Nemmeno un km di strada ferrata che alimantava i campi di concentramento nazisti è stato mai bombardato dall'aviazione americana ed inglese, sollecita come sappaiamo a bombardare civili inermi.

Netta e ferma deve essere quindi la distinzione tra l'amato popolo israeliano, che si è trovato coinvolto nella costituzione e vita dello stato di Israele, che in quanto contenitore di popolo deve essere difeso senza tentennamenti, ma nessuna concessione a quella dirigenza sionista, che tiene prigioniero il suo popolo e quello palestinese con l'intento di utilizzare Israele non come pacifica nazione aperta ed accogliente, ma come loro strumento di guerra internazionale.

L'attacco al convoglio pacifista rientra in questa logica di mantenimento del clima di guerra e di "alimento dei nemici" strumento necessario di coesione interna. Hamas fu finanziata ed aiutata all'inizio contro Arafat proprio per evitare ogni possibilità di accordo. Non dimentichiamoci che è stata la dirigenza sionista a punire con la morte lo "sgarro" di Rabin.

Lorenzo humdrum2@libero.it